...proprio come quando le parti sono correttamente composte
si parla della parola “carro”,
così quando ci sono gli aggregati
è convenzione dire “essere”…
(Buddha)
Quello che chiamiamo “essere”, o “individuo”, o “Io” quando
pensiamo a noi stessi o in termini più generali, secondo il buddhismo, è solo
una combinazione di forze o energie mentali e fisiche, che cambiano
continuamente, e che possono essere divise in cinque gruppi o aggregati
(khandas).
Questi gruppi sono semplicemente categorie, sottosistemi, o
funzioni di base,
nelle quali possono essere analizzati tutti gli aspetti di
ciò che costituisce “l’essere umano”, o il sistema dell’individuo.
Di nessuno di loro possiamo dire che sia il “sé”, “del sé”,
“nel sé”, o “me stesso”; essi non hanno niente a che fare con “la personalità”
o “l’individualità” e non c’è nessun “sé” distinto e separato da loro
verificabile. Ma poichè questi Cinque Aggregati fisici e mentali, che sono
interdipendenti, lavorano insieme, in combinazione, come una macchina
psico-fisiologica, noi ci formiamo l’idea di identità personale. Questa però è
un’idea illusoria, una semplice formazione-mentale.
Nella dottrina buddhista sono chiamati gli Aggregati
dell’Attaccamento (upadana-khandha).
Il terzo è l’Aggregato delle Percezioni (sanna-khandha)
Con il termine “percezioni” (sanna) si intende l’insieme
delle funzioni di riconoscimento, registrazione, classificazione, valutazione,
discriminazione, etichettatura dell’esperienza sensoriale.
La percezione (sañña)
è uno stato mentale che riconosce l’oggetto mediante i suoi segni e le sue
caratteristiche. Dopo che la mente ha preso contatto (phassa) con l’oggetto di
senso e lo ha “colorato con la sensazione primaria” (vedana) è la percezione
che lega un concetto, un’etichetta, un giudizio, o un immagine all’esperienza;
questo implica il riconoscere similarità con esperienze passate e il
discriminare il valore dell’oggetto. Include quindi la memoria. Differisce
dalla coscienza per il fatto di essere uno stato mentale (cetasika).
Le passate percezioni creano i ricordi, le percezioni future
sono proiezioni e la percezione presente avviene le caratteristiche
basilari dell’oggetto
E’ la percezione che riconosce sia l’oggetto fisico che
quello mentale. Per esempio, quando l’occhio viene in contatto con un colore, è
la percezione che riconosce e distingue di quale colore si tratta.
Come le sensazioni, anche le percezioni sono di sei tipi, in
relazione alle sei facoltà interne e ai sei corrispondenti oggetti esterni, in
quanto anch’esse sono prodotte dal contatto delle nostre facoltà con il mondo
esterno. Avremo così le percezioni visive, uditive, olfattive, gustative,
tattili e mentali (riconoscimento di idee, concetti, pensieri).
Anche se diversa, la percezione è molto simile alla coscienza. In un certo senso, nello stesso istante temporale è impossibile separarle. Sono due stati associati tra loro. In genere, quando diciamo di conoscere qualcosa ci riferiamo alla percezione, mentre la coscienza, più sottile e più inclusiva, rimane sullo sfondo e raramente viene compresa, forse diventa più chiaro se diciamo che la percezione è apprendere la natura degli oggetti.
Nelle sue fasi finali la percezione va al di là dei normali sensi mondani. Ciò accade quando si realizzano le tre caratteristiche e la mente distaccata non si attacca più a nessun segno o caratteristica di tipo convenzionale. In esse non vi è infatti nulla a cui afferrarsi e nulla di degno da afferrare. La mente distaccata abbandona tutte le percezioni concettuali e diventa completamente aperta. Questa mente si trova allora nello “stato privo di segni”. È simile alla mente priva di oggetto (chiamata quindi anche “non direzionata”).
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