...proprio come
quando le parti sono correttamente composte
si parla della parola
“carro”,
così quando ci sono
gli aggregati
è convenzione dire
“essere”…
(Buddha)
Quello che chiamiamo “essere”, o “individuo”, o “Io” quando
pensiamo a noi stessi o in termini più generali, secondo il buddhismo, è solo
una combinazione di forze o energie mentali e fisiche, che cambiano
continuamente, e che possono essere divise in cinque gruppi o aggregati
(khandas)
Questi gruppi sono semplicemente categorie, sottosistemi, o
funzioni di base, nelle quali possono essere analizzati tutti gli aspetti di
ciò che costituisce “l’essere umano”, o il sistema dell’individuo.
Di nessuno di loro possiamo dire che sia il “sé”, “del sé”,
“nel sé”, o “me stesso”; essi non hanno niente a che fare con “la personalità”
o “l’individualità” e non c’è nessun “sé” distinto e separato da loro
verificabile. Ma poichè questi Cinque Aggregati fisici e mentali, che sono
interdipendenti, lavorano insieme, in combinazione, come una macchina
psico-fisiologica, noi ci formiamo l’idea di identità personale. Questa però è
un’idea illusoria, una semplice formazione-mentale.
Nella dottrina buddhista sono chiamati gli Aggregati
dell’Attaccamento(upadana-khandha).
Il quinto è
l’Aggregato della Coscienza (vinnana-khandha)
La coscienza (vinnana) è ciò che conosce gli oggetti di
senso, attraverso le sei porte (facoltà sensibili), è “il semplice conoscere”,
“il semplice testimoniare” un oggetto di senso. E’ la funzione “primaria” per
eccellenza della mente tramite la quale la stimolazione di senso fisica diventa
“conscia” (anche se spesso senza consapevolezza), l’attività mentale basilare
richiesta per la partecipazione al mondo sensoriale, senza di essa non può
esserci alcuna esperienza.
Ovviamente, questo è il più sottile dei cinque aggregati e
quindi il più difficile da percepire, perché la coscienza rimane in genere
sullo sfondo dei processi cognitivi.
Nella metafisica buddhista, la coscienza è descritta come il
fenomeno che conosce ed è classificata in 89 tipi a seconda delle
caratteristiche, delle funzioni e così via. I vari tipi di coscienza possono
essere attivi o passivi; morali, immorali e non morali. Alcuni nascono da varie
radici, altri sono privi di radici. Il suo studio contribuisce a sviluppare la percezione
che la coscienza è davvero varia e quindi impermanente, sofferenza e non sé.
Essendo sottile è difficile percepirne i cambiamenti ed è
quindi naturale supporre che sia un’entità immutabile e questa falsa nozione si
estende agli stati mentali che coesistono con la coscienza e infine agli altri
aggregati e ai loro oggetti. Si creano delle filosofie per supportare e
avvalorare questa nozione
Si deve capire chiaramente che la coscienza non riconosce un
oggetto. E’ solo una sorta di attenzione – attenzione alla presenza di un
oggetto. Quando l’occhio viene in contatto con un colore, per esempio il blu,
sorge la coscienza visiva, che è semplicemente attenzione alla presenza di un
colore, ma che non riconosce che è blu, non c’è riconoscimento a questo livello
è la percezione, il Terzo Aggregato, che riconosce il blu.
Il termine “coscienza visiva” è un’espressione filosofica
che denota la stessa idea che è contenuta nella comune parola “vedere”, vedere
non significa riconoscere.
Un altro aspetto che va sottolineato è l’idea sbagliata che
la coscienza sia una sorta di Sé, Anima o Spirito immutabile che perdura come
sostanza permanente per tutta la vita e trasmigra di vita in vita. La coscienza
non dovrebbe essere considerata come uno “spirito” in opposizione alla materia.
Il Buddha ha dichiarato in termini inequivocabili che la
coscienza dipende dalla materia, dalla sensazione, dalla percezione, dalle
formazioni mentali e non può esistere indipendentemente da esse.
“...se un uomo dicesse: io mostrerò l’andare, il venire e lo
sparire, la nascita, la crescita, l’incremento e lo sviluppo della coscienza,
indipendentemente dalla materia, dalla sensazione, dalla percezione e dalle
formazioni mentali, egli parlerebbe di qualcosa che non esiste”. (Buddha)
Il Buddha continuò con lo spiegare dettagliatamente che:
“la coscienza viene definita in base alla condizione per
mezzo della quale essa nasce. A causa dell’occhio e di una forma visibile nasce
una coscienza, ed è chiamata coscienza visiva; a causa dell’orecchio e dei
suoni sorge una coscienza, ed è chiamata coscienza uditiva; ... a causa della
mente e degli oggetti mentali (idee, pensieri, concetti) nasce una coscienza,
ed è chiamata coscienza mentale”.
La coscienza perciò può essere considerata una attivazione,
una risposta che ha la propria base in uno dei sei organi-facoltà (occhio,
orecchio, naso, lingua, corpo e mente)ed il proprio oggetto in uno dei sei
corrispondenti fenomeni esterni (forma visibile, suono, odore, sapore, cose
tangibili e oggetti mentali).
Pertanto, la coscienza è connessa con le facoltà sensibili,
quindi; come la sensazione (vedana), la percezione (sanna) e la volizione
(cetana), anche la coscienza (vinnana) è di sei tipi, in relazione alle sei
facoltà interne ed ai sei corrispondenti oggetti esterni.
I Cinque Aggregati dell’Attaccamento sono tutti impermanenti
e in perpetuo cambiamento: “Anicca”. Essi non sono uguali neanche per due
momenti consecutivi. E’ un flusso di apparizioni e sparizioni istantanee. Ogni
momento nascono e muoiono:
“...quando gli Aggregati appaiono, decadono e muoiono, o
monaci, in ogni momento voi nascete, decadete e morite...”.
“...O Brahmana, è proprio come un fiume di montagna che
scorre e va veloce prendendo tutto con sé, non c’è un momento, un istante, un secondo
in cui si fermi il suo fluire, ma và, continuando a scorrere. Così, brahmana, è
la vita umana, come un fiume di montagna. Il mondo è un flusso continuo ed è
impermanente”. (Buddha)
Il Buddha recitò questi versi ai monaci sulle rive del
Gange, facendo delle similitudini rispetto ad ognuno degli aggregati:
Il corpo è simile a una massa di schiuma
Le sensazioni sono simili a bolle
La percezione è un miraggio
Le formazioni mentali sono come un tronco senza midollo
La coscienza è simile a un fantasma
Indicò una massa di schiuma e la paragonò al corpo, poi
diede delle similitudini per gli altri aggregati.
Per i meditanti, sono similitudini verissime. Osservandoli
al livello della realtà ultima, gli aggregati si presentano esattamente in
questo modo.
Osservando le sensazioni fisiche i fenomeni materiali si
percepiscono come qualità che sorgono e scompaiono a gruppi, sono come
bollicine che si uniscono e si trasformano tutte assieme. A un’ulteriore
osservazione possono apparire come sottili particelle o minuscoli atomi che
pulsano e si muovono.
Specialmente le sensazioni scorrono, soprattutto quelle che
nascono dal cuore. All’inizio sembrano acqua, poi bolle. La rabbia è simile ad
acqua che ribolle, piena di grosse bolle. Le sensazioni piacevoli sono come le
bollicine di una bevanda gassata. In quanto fenomeni mentali sembrano cambiare
ancora più rapidamente, acquistano sempre più velocità e assomigliano a una
corrente elettrica.
La percezione disegna linee e punti sul paesaggio
dell’esperienza. Vi dipinge anche colori. Quando sono osservate sorgere e
scomparire attimo-per-attimo, queste immagini dell’esperienza create dalla
percezione svaniscono come svanisce un miraggio quando ci avviciniamo.
Per quanto riguarda il tronco senza midollo (il riferimento
è il banano), occorre una piccola spiegazione. Il tronco del banano non è un
vero tronco: sono foglie arrotolate tra di loro e prodotte da un rizoma
sotterraneo. Se togliamo i vari strati uno dopo l’altro, non troviamo nessun
midollo. Allo stesso modo, potrebbe sembrare che gli stati mentali e le
forme-pensiero siano un’entità reale, ma un’osservazione più ravvicinata rivela
che sono soltanto condizioni su condizioni. Tutte alla fine cessano e si
dissolvono.
La coscienza è simile a un fantasma. Sembra essere ovunque,
ma se la cerchiamo non la troviamo, ciò che troviamo sono solo stati mentali
che fanno da maschere o da coperture. Quando però sviluppiamo una sufficiente
familiarità, l’osservazione diretta del sorgere e svanire della coscienza fa la
differenza. Ciò che sembra sostanziale, un “sé” appare come un fantasma,
un’ombra. Smettiamo di afferrarci a questo fantasma. Lasciamo che il fantasma
sia quello che è in realtà: un fantasma, vuoto di esistenza, che svanisce in
coninuazione.
Una cosa sparisce condizionando l’apparizione della
seguente, in una serie di cause ed effetti. Non c’è nulla dietro le cose, che
possa definirsi come “sostanza immutabile”, “Sé permanente”, “Atman”, “Anima”,
“individualità”, niente che possa veramente chiamarsi “Io”: questo e il senso
del non-sè “Anatta”.
Non c’è nessun altro “essere” che stia dietro i Cinque
Aggregati, che sperimenti
dukkha.
Come dice Buddhaghosa:
... esiste solo la sofferenza,
ma non si trova colui che soffre,
... le azioni esistono,
ma l’autore non si trova,
... il pensiero esiste,
ma non si trova il pensatore,
... non c’è un motore immobile dietro il movimento,
c’è solamente il movimento.
Io sono Buddhista, perciò sono consapevole da praticante, quante difficolta esistono quando le circostanze ci portano nei mondi bassi. So di questa imperfezione e il mio obbiettivo e di poter essere una persone migliore trasformando le cause che hanno generato karma negativo e che impediscono ogni risultato positivo nella vita.
RispondiEliminaCiao Marco, grazie per essere passato di qui. Condivido tutte le tue parole e ti ringrazio per averle scritte qui. E' importante per noi praticanti portare ciò che conosciamo e impariamo in meditazione nella nostra vita di tutti i giorni..persone migliori migliorano il mondo intorno a loro..
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