mercoledì 5 giugno 2019

La passione e il suo svanire


La contemplazione della mente nel Satipatt­­hana-sutta affida alla consapevolezza il compito di riconoscere la presenza o l’assenza della passione in ogni sua forma. Tale riconoscimento introspettivo della presenza o assenza della passione nella mente mostra che l’insegnamento del Buddha e le molteplici pratiche che ne conseguono, è di diretta e immediata applicazione, invita a investigare, conduce oltre e va verificato di persona dal saggio.

A paragone della collera, la passione dosa è meno censurabile, ma superarla richiede tempi più lunghi. Il sorgere della passione si può ricondurre a due fattori: il ‘segno del bello’, subhanimitta, ovvero la visione o il contatto con qualcosa di piacevole che innesca il desiderio spesso attribuito al corpo di una persona dell’altro sesso o ad un oggetto piacevole ai sensi, e un’attenzione non saggia, ayoniso manasikara. L’ovvia contromisura, quindi, consiste in  una serie di pratiche contemplative di Samatha e nell’esercizio della presenza mentale affiancata da una chiara comprensione

Per proteggere la mente dagli assalti della passione ci si può impegnare nella rievocazione delle qualità del Buddha,del Dhamma e del Sangha. Delle quattro dimore divine, i brahmavihara, la coltivazione meditativa dell’equanimità in quanto liberazione della mente.
Questo suggerisce che anche lo sviluppo della tranquillità mentale, samatha, può fungere da antidoto alla passione. L’argomento portante è che l’esperienza degli stati di concentrazione profonda si accompagna a un piacere e a una felicità intensi di pura origine mentale, che eclissano automaticamente qualunque felicità sorta in dipendenza dai piaceri sensuali. Quindi lo sviluppo della tranquillità mentale può diventare un potente antidoto alla passione, spogliando i suoi oggetti dalle attrattive che li contraddistinguono.