lunedì 12 novembre 2018

Insegnamenti sull’Originazione Dipendente Ven. Mahāsī Sayādaw - Originazione 4


Questo è il quarto della serie di post dedicati ad uno degli insegnamenti centrali del buddhismo ovvero l'Originazione condizionata o originazione inter-dipendente. La risorsa da cui prendo i materiali sono delle trascrizioni che poi sono state tradotte ed editate in un libro intitolato 'Un discorso sull'originazione dipendente'. Le registrazioni sono state trascritte in modo meticoloso, quindi tradotte in inglese da U Aye Maung. Le ultime modifiche ed integrazioni sono da attribuire a Bhikkhu Pesala nel 2011. Nel blog suddivido il contenuto del libro in una serie di post più brevi e taglio o modifico alcune parti per facilitarne la lettura, l'integrazione e la pubblicazione web. Tutti i post dedicati a questi insegnamenti potranno facilmente essere ritrovati nel Menu laterale 'Tracce'. La traduzione in italiano non è mia e non ne conosco l'autore .

Originazione 4

1.1.1 Ignoranza dell’origine della sofferenza

Le persone nel corso della loro esistenza ordinaria non si rendono conto che il desiderio è la causa della sofferenza. Al contrario credono che l’attaccamento le rendano felici, che non assecondare i propri desideri la vita sarebbe una cosa uggiosa. Quindi sono alla continua ricerca di oggetti sensoriali piacevoli: cibo, vestiti, compagnia e così via. Senza questi oggetti di attaccamento si sentono a disagio e pensano che la vita sia monotona. Per le persone comuni, la vita priva di desideri e appagamenti sarebbe del tutto priva di soddisfazione. È il desiderio che nasconde la spiacevolezza della vita e la fa sembrare gradevole, ma per l’arahant, colui che ha sradicato il desiderio, l’appagamento è impossibile. Egli è sempre volto al nibbāna, la cessazione della sofferenza.


Per contro il desiderio non riesce ad esercitare molta attrattiva sui meditatori quando diventano assorbiti nella pratica, così alcuni non apprezzano la vita come facevano prima. Tornando da un ritiro, a casa essi sentono crescere in sé la noia e si sentono a disagio in compagnia della loro famiglia. Per gli altri, i meditatori possono sembrare presuntuosi, ma di fatto il loro comportamento è un sintomo della perdita di interesse nel mondo di tutti i giorni. Comunque, se essi non riescono a superare il desiderio sensuale, questa noia sarà temporanea e di solito si riadattano alla vita quotidiana in poco tempo. Le loro famiglie non si debbono preoccupare di questo atteggiamento o comportamento perché è difficile diventare completamente disincantati continuando la vita nell’ambito della propria casa.

I meditatori dovrebbero controllare per vedere quanto siano disincantati rispetto alla vita. Se il desiderio per il piacere permane, essi sono ancora nelle grinfie della brama. Senza il desiderio, la gente si sente turbata. In associazione con l’ignoranza, il desiderio rende ciechi alla sofferenza e crea l’illusione di felicità. Questo genera la ripetuta ricerca delle fonti del piacere. Considerate, per esempio l’attaccamento delle persone a film e spettacoli, questi divertimenti costano tempo e denaro, ma il desiderio li rende irresistibili. Un esempio più lampante è il fumo. Al fumatore piace inalare il fumo di tabacco, ma per il non fumatore questa è una sorta di sofferenza autoinflitta. Quelli che non fumano sono liberi da tutti i problemi che turbano il fumatore perché non provano desiderio per il tabacco.

La sofferenza, e il desiderio come sua causa, sono evidenti nella vita di tutti i giorni, ma è difficile accettare queste verità perché sono molto profonde. Non le si può realizzare attraverso la mera riflessione, ma solo attraverso la pratica della meditazione di insight.

1.1.2 Ignoranza della Cessazione della sofferenza e il Sentiero

Avijjā significa anche ignoranza della cessazione della sofferenza e del Sentiero che conduce ad essa. Anche queste due verità sono molto profonde. La verità della cessazione della sofferenza (nirodhasacca) riguarda il nibbāna, che può essere realizzato solo attraverso il Nobile Sentiero. La verità del Sentiero (maggasacca) è conosciuta con certezza solo dal meditatore che ha ottenuto il nibbāna. Non fa meraviglia, quindi, che molte persone ignorino queste verità. L’ignoranza sulla fine della sofferenza è largamente diffusa, per cui le religioni del mondo descrivono la meta suprema in modi diversi. Alcune sostengono che la sofferenza cesserà automaticamente a tempo debito. Alcune guardano ai piaceri sensuali come alla beatitudine più alta e respingono l’idea di una vita futura.

Questa varietà di credenze è dovuta all’ignoranza del vero nibbāna. Perfino tra i buddhisti alcuni ritengono che il nibbāna sia un regno o una specie di paradiso, e questa tesi viene sostenuta con molti argomenti. Queste diverse visioni mostrano quanto sia difficile comprendere il nibbāna. Il nibbāna è l’estinzione totale di quell’incessante processo psicofisico che si manifesta a causa di cause ed effetti. Quindi, secondo l’Originazione Dipendente, l’ignoranza, le formazioni mentali, etc., producono mente e materia, e così via. 
Questo processo causale include vecchiaia, morte e tutte le cause di insoddisfazione che si presentano nel corso dell'esistenza. Se l’ignoranza è estinta attraverso il Nobile Sentiero, così accade anche per i suoi effetti. Questa completa estinzione delle sofferenza è nibbāna. Per esempio, una lampada che viene alimentata continuerà a bruciare, ma se non viene alimentata la fiamma si spegnerà. Allo stesso modo, per il meditatore sul Nobile Sentiero che ha ottenuto il nibbāna, tutte le cause come l’ignoranza si sono estinte e quindi anche tutti gli effetti, come anche la rinascita. Questo significa la totale estinzione della sofferenza (nibbāna), che si deve comprendere e apprezzare prima di realizzare.

L’idea del nibbāna non attira coloro che nutrono un forte attaccamento per la vita. Per costoro, la cessazione del processo psicofisico non significherebbe altro che la morte. Tuttavia, è necessaria l’accettazione intellettuale del nibbāna perché l’ottenimento della meta suprema dipende da uno sforzo intenso e ininterrotto. È fondamentale anche la conoscenza del Sentiero che conduce alla fine della sofferenza. Solo un Buddha può proclamare il giusto Sentiero; è impossibile per chiunque altro farlo, sia egli un deva, un Brahmā, o un essere umano. Ciononostante, le speculazioni sul giusto Sentiero abbondano. Alcuni richiedono la normale moralità come l’amore, l’altruismo, la pazienza o la carità, mentre altri pongono l’accento sulla pratica degli assorbimenti mentali (jhāna). Tutte queste pratiche sono lodevoli, perché conducono al benessere relativo dei regni celestiali e possono essere utili per ottenere il nibbāna. Tuttavia, esse non assicurano la libertà dalla sofferenza, perché da sole non sono sufficienti per ottenere il nibbāna.

Alcuni ricorrono all’automortificazione, al digiuno e così via, mentre altri adorano dèi o animali, o vivono come animali. Dal punto di vista buddhista tutti questi sono sīlabbataparāmāsa che si riferisce a quelle pratiche estranee al Nobile Ottuplice Sentiero.

Il Nobile Ottuplice Sentiero comprende
  • retta visione 
  • retto pensiero
  • retta parola
  • retta azione
  • retti mezzi di sostentamento
  • retto sforzo
  • retta consapevolezza 
  • retta concentrazione. 
Il Sentiero è di tre specie 
  • il Sentiero di base
  • il Sentiero preliminare
  • il Nobile Sentiero 
Di questi, il più importante è il Nobile Sentiero. Comunque, questo Sentiero non dovrebbe essere l’obiettivo principale del meditatore, né richiede che vi si dedichi molto tempo ed energia. Questo perché quando l’insight riguardo al Sentiero preliminare giunge a maturazione, in un istante di pensiero si verifica l’insight sul Nobile Sentiero. Sebbene produrre il fuoco per attrito richieda molto tempo e sforzo, l’accensione si verifica in un solo istante. Allo stesso modo, l’insight sul Nobile Sentiero è istantaneo, ma presuppone molto sviluppo dell’insight relativo al Sentiero preliminare.

La Retta visione

Vipassanā è l’insight che si verifica in ogni momento di contemplazione. Colui che nota tutti i fenomeni psicofisici diventa consapevole della loro vera natura. In tal modo focalizza l’attenzione sul piegare un braccio o una gamba e discerne gli elementi di rigidità e movimento. Questo significa retta visione riguardante l’elemento del movimento (vāyodhātu). La mancanza di consapevolezza farà sorgere una falsa percezione come: “È una mano”, “È un uomo”, e così via. Solo il meditatore consapevole vede le cose come realmente sono. Lo stesso si può dire della retta visione riguardo alla sensazioni del corpo, per esempio di calore o dolore, e alle attività mentali, per esempio immaginazione o intenzione. Quando la mente diventa ferma e calma si scopre che i fenomeni mentali e fisici sorgono e scompaiono, così si ottiene l’insight della loro natura intrinseca.

La retta visione implica il retto pensiero e gli altri stati associati sul Sentiero. L’insight sul Sentiero si verifica in ogni momento di contemplazione. Con la perfezione dell’insight relativamente alle tre caratteristiche si realizza il nibbāna. Quindi, se il nibbāna deve essere realizzato proprio ora, la pratica della meditazione di insight è essenziale. Chi non può, o non riesce ancora praticare la meditazione, dovrebbe focalizzarsi sul Sentiero che è la base della pratica di insight. Questo Sentiero di base significa fare atti meritori motivati dalla fiducia nel kamma. In altre parole, dovrebbe praticare la generosità, la moralità e la meditazione con l’aspirazione di ottenere il nibbāna.

Tutti i sentieri – quello di base, quello preliminare e il Nobile Sentiero – formano l’ottuplice Sentiero che conduce al nibbāna. In particolare, si deve riconoscere il Nobile Sentiero come il Dhamma che deve essere cercato, coltivato e riverito. Una tale attitudine è un prerequisito per lo strenuo sforzo in meditazione. Si deve veramente apprezzare il valore della meditazione di insight e sapere come praticarla.

Alcuni ignorano la via verso il nibbāna. Inoltre, sminuiscono gli atti meritori degli altri tendenti al nibbāna. Alcuni disprezzano l’insegnamento e la pratica degli altri anche se non hanno mai praticato veramente la meditazione di insight. Alcuni criticano il giusto metodo perché sono attaccati al loro metodo sbagliato. Tutte queste persone hanno delle visioni sbagliate circa il giusto Sentiero. Non sapere che la carità, la moralità e la meditazione conducono al nibbāna è ignoranza e lo è anche considerarle dannose al proprio interesse. L’ignoranza più dannosa è l’ignoranza di, e l’illusione riguardo al, giusto metodo di contemplazione.

La forma più terribile di ignoranza è l’ignoranza del giusto Sentiero. Essa rende le vittime cieche agli atti meritori e crea le illusioni, impedendo loro di ottenere perfino la felicità umana o la beatitudine divina, per non parlare del Nobile Sentiero e del nibbāna. Eppure la maggior parte della gente rimane immersa nell’ignoranza, inconsapevole del bisogno di dedicarsi alla generosità, alla moralità e alla meditazione.

Fine di Originazione 4




Nessun commento:

Posta un commento