Nel blog suddivido il contenuto del libro in una serie di post più brevi e taglio alcune parti meno rilevanti per facilitarne la lettura, l'integrazione e la pubblicazione web. Tutti i post dedicati a questi insegnamenti potranno facilmente essere ritrovati nel Menu laterale 'Tracce'. La traduzione in italiano non è mia e non ne conosco l'autore.
Questi insegnamenti sull’Originazione Dipendente del Ven. Mahāsī Sayādaw sono stati dati in tempi diversi ai praticanti che frequentavano il suo centro di meditazione di Rangoon. Come con tutti i discorsi del Ven. Sayādaw, questo insegnamento non è stato dato solo per ricavarne una conoscenza accademica. Sebbene qualche conoscenza teorica sia molto utile per lo sviluppo della meditazione, dobbiamo sempre sottolineare l’importanza di ottenere una personale esperienza delle verità insegnate dal Buddha attraverso la pratica della meditazione di insight. Solo l’intuizione della vera natura del proprio corpo-mente metterà fine al ciclo di sofferenza, e l’insight può scaturire solo attraverso una profonda concentrazione. A sua volta, la concentrazione dipende da una costante e ininterrotta consapevolezza, che richiede sforzo sostenuto per osservare tutti i fenomeni fisici e mentali. In breve, occorre praticare ardentemente e sistematicamente la meditazione di insight fino a raggiungere il nibbāna, che è l’unico modo per porre fine alla sofferenza. Volere o desiderare serve a poco quando si tratta di far sorgere l’insight.
La conoscenza ottenuta leggendo libri può aiutare, ma solo se ci ispira a praticare e a ottenere la personale esperienza del Dhamma. Se la nostra conoscenza rimane a un livello intellettuale, e non è applicata a livello pratico, non condurrà all’insight. Come la dottrina dell’Originazione Dipendente insegna, se le condizioni non sono presenti, i risultati non possono sorgere.
Nelle parole del Buddha: “Quello che avrebbe dovuto essere fatto da un insegnante per i suoi discepoli per compassione è stato fatto. Qui ci sono grandi alberi e luoghi solitari. Meditate, monaci, per non avere rimpianti più tardi.”
Ci sono molti centri di meditazione e monasteri, ritiri e gruppi di meditazione. Trovate un posto vicino che conduca allo sviluppo della concentrazione e dell’insight. Potrebbe essere ovunque – non deve essere necessariamente un posto sacro, è sufficiente che sia ragionevolmente tranquillo e isolato. Imparate il metodo corretto da un insegnante di meditazione, o da libri, se un insegnante adatto non è disponibile. Poi dedicate tempo e sforzi sufficienti per ottenere dei risultati.
Capitolo 1 - Importanza della Dottrina
La dottrina
del Paṭiccasamuppāda, o Originazione
Dipendente, è centrale nel Buddhismo. Mentre il Bodhisatta rifletteva
profondamente sulla natura dell’esistenza, realizzò la verità attraverso
l’Originazione Dipendente, e ottenne l’illuminazione. Prima di diventare il
Buddha nella sua ultima esistenza, egli esaminò la vecchiaia e la morte, come
ogni altro Bodhisatta aveva fatto prima di lui. Perché solo dopo aver visto la
miseria della vecchiaia, della malattia e della morte ha rinunciato al mondo
per la ricerca del Senza morte.
Tutti gli esseri
viventi vogliono evitare queste disgrazie, ma non possono sfuggirvi. Queste
disgrazie li inseguono senza fine da un’esistenza all’altra
in un processo perpetuo di nascita, invecchiamento, malattia e morte.
1.1 Riflessioni del Bodhisatta
Riflettendo sulla
causa dell’invecchiare, il Bodhisatta risalì
la catena dell’origine dipendente dalla fine fino all’inizio. Egli scoprì che la
vecchiaia (jarā) e la morte (maraṇaṃ) hanno la loro origine nella
nascita (jāti), che a sua volta è
dovuta al divenire (bhava). Il
divenire ha origine dall’attaccamento (upādāna),
che è causato dal desiderio (taṇhā).
Il desiderio sorge dalla sensazione (vedanā)
prodotta dal contatto (phassa), che a
sua volta dipende dalle sei basi sensoriali (saḷāyatana) come l’occhio e l’oggetto visibile. Le basi sensoriali
sono il prodotto di mente e materia (nāmarūpa),
che dipendono dalla coscienza (viññāṇa). La coscienza, a sua volta, dipende da mente e
materia (nāmarūpa).
I testi
Pāḷi completi sull’Originazione Dipendente attribuiscono la coscienza alle
formazioni mentali (saṅkhārā), e le formazioni mentali all’ignoranza (avijjā). Comunque, la riflessione del Bodhisatta era limitata
all’interdipendenza di mente e materia. In altre parole, egli rifletteva sulla
correlazione tra coscienza da una parte e mente e materia dall’altra,
trascurando la precedente relazione con l’esistenza passata. Possiamo
presumere, perciò, che per i praticanti la riflessione sulla vita presente
sia sufficiente per lo sviluppo
favorevole dell’insight.
Per quanto
riguarda la correlazione tra coscienza e mente e materia, il Bodhisatta pensò:
“Questa coscienza non ha altra causa che la mente e la materia.
Mente e materia producono la coscienza, e la coscienza sorge da mente e materia. Quindi,
dalla correlazione tra coscienza e mente e materia, sorgono
nascita, vecchiaia e morte –
quindi ci possono essere successive nascite o successive morti.” Inoltre, la
coscienza causa mente e materia, mentre mente e materia danno origine alle sei
basi dei sensi.
In dipendenza dalle sei basi sensoriali sorge il contatto, il contatto porta alla sensazione, la sensazione dà origine al desiderio che si sviluppa in attaccamento e l’attaccamento sfocia nella rinascita. Questa, a sua volta, conduce a vecchiaia, malattia, ansia, afflizione e altri tipi di sofferenza mentale e fisica.
Poi il Bodhisatta rifletté sull’ordine inverso dell’Originazione Dipendente.
Senza coscienza, mente e materia non possono sorgere, e così via. Spezzare il primo legame nella catena di causazione sradica la sofferenza che ci affligge costantemente attraverso il saṃsāra. Dopo questa riflessione sull’Originazione Dipendente nel suo ordine in avanti e all’indietro, il Bodhisatta contemplò la natura degli aggregati dell’attaccamento. Allora egli ottenne i successivi insight e la fruizione del Nobile Sentiero e alla fine diventò un Buddha perfettamente illuminato.
Tutti i Bodhisatta ottengono la suprema illuminazione dopo una tale contemplazione. La loro pratica non proviene da un insegnamento esterno, ma, in virtù delle loro perfezioni (pāramī), accumulate attraverso innumerevoli vite, essi possono contemplare in questo modo e raggiungere l’illuminazione.
Tutti i Bodhisatta ottengono la suprema illuminazione dopo una tale contemplazione. La loro pratica non proviene da un insegnamento esterno, ma, in virtù delle loro perfezioni (pāramī), accumulate attraverso innumerevoli vite, essi possono contemplare in questo modo e raggiungere l’illuminazione.
1.1 Oltre il ragionamento e la speculazione
Quando il Buddha, inizialmente, rifletteva se insegnare o meno, pensò:
“Questa verità che ho realizzato è molto profonda. Sebbene sia
sublime e conduca alla pace interiore, è difficile da comprendere. Poiché è
sottile e non accessibile al mero intelletto e alla mera logica, può essere
realizzata solo dal saggio.”
Grandi
pensatori di tutte le culture hanno riflettuto profondamente sulla libertà
dalla miseria della vecchiaia, della malattia
e della morte, questa libertà, nel buddhismo, corrisponde al nibbāna, che è al di là della portata
di ragione e intelletto. Essa
può essere realizzata solo attraverso la pratica del giusto metodo di meditazione
di insight.
La maggior
parte dei grandi pensatori ha fatto assegnamento sull’intelletto e sul
ragionamento logico per elaborare diversi
principi per il benessere dell’umanità. Poiché questi principi
erano basati su speculazioni,
essi non aiutano a ottenere
insight e men che meno la meta suprema del nibbāna. Perfino
il grado più basso di insight, ossia la conoscenza analitica
di mente e materia (nāmarūpa-pariccheda-ñāṇa),
non può essere realizzato in modo intellettuale.
Questo
insight sorge sono quando si osservano i processi mentali e fisici attraverso
il metodo sistematico della consapevolezza (satipaṭṭhāna),
e quando, con lo sviluppo della concentrazione, si distingue tra fenomeni
fisici e mentali – per esempio, tra il desiderio di piegare la mano e la mano piegata, o tra il suono
e l’udire. Questa conoscenza non è vaga o speculativa, ma vivida ed empirica.
I testi
Pāḷi dicono che mente e materia sono in costante cambiamento, e che noi
dovremmo osservare il loro sorgere
e svanire. In ogni caso, per il meditatore principiante, questo è più facile dirlo che farlo.
Occorre esercitare un continuo sforzo per superare gli impedimenti
mentali (nīvaraṇa). Perfino la
libertà da questi impedimenti aiuta solo a distinguere tra mente e materia, e non assicura
l’insight del processo
del loro sorgere e passare. Questo insight si
ottiene sono sulla base di una forte concentrazione e di un’acuta percezione
sviluppata attraverso la pratica della consapevolezza. La continua
consapevolezza del sorgere e svanire dei fenomeni conduce all’insight delle
loro caratteristiche di impermanenza (anicca),
insoddisfazione (dukkha), e non sé (anattā). Quindi, il Dhamma è descritto
come qualcosa che va al di là della logica e
dell’intelletto.
Fine di Originazione 1
Grazie per aver riassunto in modo così chiaro concetti che ci vogliono secoli per capire, e che spesso dopo qualche anno di meditazione sento ma non trovo le parole per descrivere.... Leggere ciò mi fa avanzare verso la comprensione intellettuale e sono sicura che sarà un grande aiuto per la pratica quotidiana. Ti auguro ogni bene
RispondiEliminaIlaria