Secondo la tradizione buddhista l'aspetto della forma o della materia, è costituito da quattro elementi fondamentali, li cito assieme al loro nome in lingua Pali: pathavi-la terra, apo-l’acqua, tejo-il fuoco e vayo-l’aria. Ed è in conseguenza delle continue e molteplici modalità con cui questi quattro si fondono tra di loro, predominando ora uno ora l’altro, che le forme del mondo intorno a noi e il nostro stesso corpo, assumono il loro aspetto. Per il pensiero buddhista questi quattro elementi rappresentano non tanto un certo tipo di sostanza esoterica o mistica, ma bensì le differenti manifestazioni e funzioni che governano la realtà fisica. Essi coesistono e sono inseparabili, ma nel mutare incessante delle configurazioni che assumono l’uno può prevalere sugli altri. Essi sono distinti non scientificamente, ma esperienzialmente come terra, acqua, fuoco e aria, vale a dire che è la nostra esperienza sensoriale che ne riconosce le qualità e le caratteristiche
Sono anche chiamati Mahabhuta o Grandi Essenziali perché si trovano invariabilmente in tutte le sostanze materiali che vanno dalla piccola ed infinitesimale cellula agli oggetti più grandi.
Vi sono altri 24 tipi di rupa che fanno parte del gruppo dei 28 rupa catalogati nelle liste dell’Abhidhamma, che menzionerò semplicemente in questo schema che raggruppa tutti i rupa, ovvero i fenomeni materiali, consiste di 8 componenti di base che compongono tutta la materia. Questi sono conosciuti come 'l’ottuplice gruppo“. Sono costituiti da quattro grandi elementi (mahabhūta) e quattro che derivano da essi (upadaya-rūpa):
1. Solidità, terra (pathavī)
2. Coesione, acqua (āpo)
3. Temperatura, fuoco (tejo)
4. Movimento, aria (vāyo)
e i 4 derivati principali:
5. Colore (vanna)
6. Odore (ghandhā)
7. Sapore (rasa)
8. Nutrimento (ojā).
Inoltre, ci sono altri 20 tipi di materia, anch’essi derivati:
9. Occhio (cakkhu)
10. Orecchio (sota)
11. Naso (ghanā)
12. Lingua (jivhā)
13. Corpo (kāya)
14. Caratteristica maschile e femminile – due rūpa (bhava-rūpa)
15. Base del cuore (hadayavatthu)
16. Vitalità materiale (rūpa-jīvita)
17. Spazio (pariccheda)
18. Espressione corporea (kāya-viññātti)
19. Espressione verbale (vacī-viññātti)
20. Suono (saddā)
21. Leggerezza (lahutā)
22. Plasticità (mudutā)
23. Adattabilità (kammaññatā)
24. Crescita (upacaya)
25. Continuità (santati)
26. Decadimento (jaratā)
27. Impermanenza (anicca)
Questi sono tutti i diversi tipi di rūpa, il quattordicesimo, la caratteristica maschile e femminile, è di due tipi, che porta ad un totale di 28 rūpa. Si conclude così l'appendice contenente la classificazione delle varietà di nāma e rūpa (ossia dei fenomeni mentali e dei fenomeni materiali).
Tutte queste forze in larga misura, possono essere controllate e generate. In un certo modo siamo quindi responsabili della creazione dei fenomeni materiali, siano essi desiderabili o indesiderabili, ad esempio se siamo fumatori o assumiamo sostanze intossicanti il nostro corpo può risentirne in molti modi.
L’elemento terra-pathavi, è in qualche modo il principale, quello dove tutto il resto può manifestarsi e fa riferimento all’estensione, al fatto che le cose materiali occupano spazio. Nella meditazione può essere percepito direttamente, ed è esperito come durezza o morbidezza. Questa sensazione di tangibilità fisica ci dice che c’è una materia presente.
Una importante parte della pratica meditativa consiste nel ricondurre la consapevolezza a questo livello di esperienza. Questo modo di sperimentare gli elementi è diverso dal rimanere al livello dei concetti. I concetti sono ‘corpo’, ‘testa’, ‘ginocchio’, ‘mano’, mentre in meditazione noi ci riferiamo a quel livello di esperienza che consente di sperimentare che c’è un ‘sentire, un fare esperienza di..’ che solo in un secondo tempo chiamiamo testa, oppure corpo o piede.
Basta poco per una breve verifica; state in posizione eretta e provate a pensare al piede destro; si può pensare al piede in modo da avere in mente una sorta di immagine del piede, ovvero un certo oggetto con una sua forma e cinque appendici alla sua estremità, posato su una qualche superficie. Ma esiste anche un ‘altra possibilità: invece di pensare al piede, cerchiamo di avvertire, sentire che cosa c’è là dove sentiamo il piede.
Non so che cosa avvertiate voi specificamente; io sento durezza o pressione, un certo tipo di superficie, una sensazione di freddo o di caldo, insomma sento che li c’è qualcosa, c’è un sentire interiore relativo a quell’area di esperienza. Poi, ma solo poi, so che questa esperienza è chiamata piede. Nella meditazione, per la maggior parte del tempo, si cerca di rimanere in contatto con l‘esperienza immediata, diretta, della sensazione.
Normalmente se penso ‘piede’ mi riferisco a qualcosa che non cambia un granchè: "È sempre stato il mio piede per sessanta anni e resterà il mio piede in futuro”. Ma se mi attengo solo e direttamente a ciò che sta succedendo, che sto sentendo, mi accorgo che c’e un’esperienza in costante mutamento, che è la realtà di ciò che sento n questo istante, quella realtà che sta sotto l’esperienza convenzionale e concettuale del piede. Quando sorge un dolore in un piede, o in una altra parte del corpo, e quando questo dolore è sufficientemente intenso da diventare predominante, allora scopriamo subito quanto l’esperienza sia più direttamente e concretamente in relazione agli elementi e alle loro qualità, sentiremo calore o freddo, sensazioni radianti, pulsazioni, formicolii ecc. ecc.
Pathavi-dhatu, letteralmente significa l’elemento terra è “l’elemento di estensione”.
Viene così chiamato perché, come la terra, funge da supporto o da sostegno agli altri rupa coesistenti e copresenti. Pathavi (Sanscrito: prthivi), scritto anche pathavi, puthavi, puthuvi – deriva dalla radice puth, espandere, estendere. Senza di esso gli oggetti non possono occupare lo spazio. Durezza e morbidezza sono le qualità caratteristiche di questo elemento. Si può affermare che questo elemento è presente nella terra, nell’acqua, nel fuoco e nell’aria. Ad esempio, l’acqua di sopra è supportata da quella di sotto. E’ questo elemento di estensione in congiunzione con l’elemento di moto che produce la pressione verso l’alto. Caldo o freddo è l’elemento tejo, mentre la fluidità è l’elemento apo.
Tejo-dhatu – lett. Elemento fuoco, è inteso come “elemento di calore”,
Tejo deriva dalla radice tij, maturare, migliorare, anche il freddo è un aspetto di tejo. Sia il caldo che il freddo fanno parte di tejo poiché posseggono il potere di maturare i corpi. Vivacità e maturità sono dovute alla presenza di questo elemento, in altre parole, è una manifestazione dell’energia di trasformazione, crescita o decadenza. A differenza degli altri tre elementi essenziali della materia, questo elemento ha il potere di rigenerare la stessa materia.
Tejo, quando è intenso è calore, quando è leggero è freddo. Il freddo è anche una caratteristica di apo-acqua; apo e tejo possono anche coesistere e essere fusi insieme. L’elemento fuoco si riferisce alla temperatura, al fatto che gli oggetti materiali vibrano a una certa frequenza e quindi possono essere percepiti o sentiti come temperatura: freddo, caldo, bollente, incandescente. Mentre stiamo seduti potrebbe sorgere il pensiero: "Fa caldo qui!". Ma che cosa vediamo se nello stesso momento portiamo l’attenzione al corpo? Scopriremo che in certe parti del corpo c’è una gamma di sensazioni mutevoli di calore. Durante la meditazione si porta la consapevolezza a questo livello, vedendo così la differenza tra l’esperienza immediata, cioè il sentire, e il pensiero: "Fa caldo qui!" Se questo pensiero ci dice qualcosa o meno sulla realtà dipende da molte cose. Io potrei dire: "Fa veramente caldo qui!" e voi potreste ribattere: "No, è piuttosto freddo, sto addirittura tremando". Dobbiamo dunque esaminare questi differenti livelli di realtà.
Vayo-dhatu – lett. Elemento aria, inteso come elemento di moto.
Vayo deriva dalla radice vay, muovere, vibrazione, oscillazione e pressione sono causate da questo elemento. L’elemento aria si riferisce al movimento, al fatto che le cose materiali si muovono. Questo elemento può essere percepito come movimento, pressione, vibrazione. Il moto è anche considerato come la forza o un generatore di energia.
Apo-dhatu – lett. Elemento fluido.
Apo deriva dalla radice ap arrivare, o da ā + radice di pay, crescere, sviluppare. Esso è l’elemento di coesione. Secondo il Buddhismo è questo elemento che rende differenti le particelle della materia coesa, e quindi le impedisce di dividersi. Fluidità e contrazione sono le proprietà di questo elemento. Il freddo non è una caratteristica di questo elemento.
Apo a differenza di pathavi, la terra, è ‘intangibile’. E’ questo elemento che rende le particelle di materia coese e fa nascere l’idea di “corpo”. Quando i corpi solidi si fondono, tale elemento diviene molto prominente nella sostanza risultante. Tale elemento si trova persino nelle minuscole particelle quando i corpi solidi vengono ridotti in polvere. Gli elementi di estensione e di coesione sono così strettamente connessi che, quando cessa la coesione scompare l’estensione. Si dice che non può essere percepita dai sensi corporei poiché la sua funzione è connettere, fondere le cose che s’incontrano.
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