martedì 22 ottobre 2013

52 Stati Mentali. Il primo gruppo: gli universali con brevi note di approfondimento

Esposizione dei 52 stati mentali

Le brevi note relative agli stati mentali sono tratte dalla traduzione che E. Alfano ha pubblicato su www.canonepali.net del testo:
Un Manuale dell'Abhidhamma
Narada Thera,


Il primo gruppo: I cosiddetti “universali”.

Questi sette stati mentali sono comuni ad ogni coscienza

1.Contatto
2. Sensazione
3 Percezione
4. Volizione
5. Concentrazione, unificazione della mente sull’oggetto
6. Vita psichica
7. Attenzione


Phassa-contatto: deriva dalla radice phas, essere – venire in contatto.

Per ogni percezione sensuale tre realtà sono essenziali, cioè: coscienza, senso corrispondente ed oggetto. Ad esempio, si vede un oggetto con la coscienza tramite l'occhio come suo strumento.
Quando un oggetto si presenta alla coscienza attraverso uno dei sei sensi sorge lo stato mentale del contatto. “Il contatto non è una semplice collisione (Na sangatimatto eva Phasso).
Come un pilastro che fa da forte sostegno ad una intera struttura, così anche il contatto ai concomitanti coesistenti mentali.
“Per contatto si intende “toccare” (phusati'ti). Sta toccando (phusana) come sua importante caratteristica (lakkhana), impatto (sanghattana) come sua funzione (rasa), coincidente (della base fisica, oggetto e coscienza) come sua manifestazione (sannipata paccupatthana), e l'oggetto che è entrato nel viale (dell'attenzione) come prossima causa (padatthana).”
Il contatto è menzionato per primo perchè precede tutti gli altri stati mentali. “Toccata dal contatto, la coscienza sperimenta attraverso la sensazione, percepisce attraverso la percezione, desidera intensamente attraverso la volizione – (Phassena phusitva vedanaya vediyati, saññaya sañjanati, cetanaya ceteti).” Anche secondo la Coproduzione condizionata, paticca-samuppada, il Contatto condiziona la Sensazione. Essendo più precisi, non vi è motivo per la sequenza perché tutti gli stati mentali sono coesistenti. L'Atthasalini afferma: “Per gli stati, sorti in un momento consapevole, non è giusto dire che “questo” sorge prima, “quello” dopo. La ragione non perché il contatto sia un forte sostegno. Il Contatto è solo menzionato per primo nell'ordine dell'insegnamento, ma era anche ammissibile condurlo in questo modo: vi è sensazione e contatto, percezione e contatto, volizione e contatto; vi sono coscienza e contatto, sensazione, percezione, volizione, applicazione iniziale della mente. In ordine di insegnamento, comunque, il contatto è menzionato per primo. Né la sequenza delle parole tra i rimanenti stati è di un qualche significato speciale.” (Mrs. Rhys Davids – Buddhist Psychology, p. 6)

Vedana-sensazione/sentire: deriva dalla radice vid, sperimentare.

Come il contatto, la sensazione è un elemento essenziale di ogni coscienza. Essa può essere piacevole, dolorosa o neutra. Piacere e dolore appartengono anche al corpo. Ma la sensazione fisica non ha un'importanza etica.
Secondo gli studiosi la sensazione è come un padrone che gode di un piatto preparato da un cuoco. L'ultimo è paragonato agli stati mentali rimanenti che formano un pensiero complesso. In breve, è la sensazione che sperimenta un oggetto quando viene in contatto con i sensi. E' tale sensazione che sperimenta il frutto desiderabile o indesiderabile di un'azione compiuta in questa o in una precedente nascita. Oltre a questo stato mentale non vi è un'anima o un'altra entità per sperimentare il risultato di un'azione.
Si deve comprendere che la beatitudine del Nibbana non è legata alla sensazione. La beatitudine del Nibbana è certamente la più alta felicità (sukha), ma è la felicità dovuta dall'eliminazione della sofferenza. Non il godimento di un oggetto piacevole.

Sañña-percezione: Sam + radice di ña, conoscere.

Il significato di questo termine varia secondo il contesto. Per evitare confusione, è bene capire il significato specifico usato nel contesto attinente.
La caratteristica principale di sañña è la cognizione di un oggetto tramite un segno distintivo come di colore blu, rosso, ecc. E' sañña che è in grado di riconoscere un oggetto una volta percepito dalla mente attraverso i sensi. “La sua procedura è paragonata al riconoscimento del carpentiere su di un tipo di legno tramite i segni posti su ognuno; alla precisione del tesoriere nel catalogare i gioielli con un'etichetta su ognuno.”
Per sañña, quindi, si intende un semplice senso di percezione.
“Percezione”, secondo un moderno Dizionario di Filosofia, è “l'apprensione dei sensi verso oggetti comuni, come alberi, case, sedie, ecc., in base alla stimolazione sensoriale.”
La percezione, in questo contesto, non è usato nel senso impiegato dai moderni filosofi come Bacone, Descartes, Spinoza e Leibniz.
Come uno dei cinque aggragati (khandha) sañña è usato nel senso di percezione.
Potrebbe essere che la memoria è dovuta a questa sañña? Sañña, viññana e panna devono essere differenziate le une dalle altre. Sañña è come la semplice percezione di una moneta da parte di un bambino. Con il suo candore, si limita a riconoscere la moneta, del tutto ignaro del suo valore monetario. Un uomo, per esempio, individua il suo valore e la sua utilità, ma non è consapevole della sua composizione chimica. Viññana è paragonabile alla conoscenza di una moneta da parte di un uomo comune . Panna è come la conoscenza analitica di un farmacista che conosce tutte le sue proprietà chimiche in ogni dettaglio.

Cetana-volizione: Sia cetana che citta derivano dalla stessa radice cit, pensare.

Nel caso di citta – mente o coscienza – la radice assume il significato del discernimento (vijanana), mentre in cetana viene usato nel senso di coordinazione (abhisandhana) ed accumulazione (ayuhana).
Secondo l'Atthasalini e il Vibhavini Tika cetana è ciò che coordina gli stati mentali ad essa associati sull'oggetto della coscienza. (Attana sampayutta-dhamme arammane abhisandahati).
Come un falegname che adempie le sue funzioni e regola il lavoro degli altri, allo stesso modo cetana adempie la propria funzione e regola la funzione di altri fattori concomitanti ad essa associati.
Altra spiegazione. Cetana è ciò che arriva all'azione condizionando il condizionato. (Sankhatabhisankharane va byaparam apajjati'ti cetana). Cetana è ciò che gioca una parte predominante in tutte le azioni, morali ed immorali.
Shwe Zan Aung afferma che secondo Ledi Sayadaw, studioso dell'Abhidhamma: “Cetana agisce su suoi concomitanti, agisce sull'oggetto e agisce nel portare a termine il compito, cioè determina l'azione.” (Compendium, p. 236).
Il più significativo stato mentale nella Coscienza Mondana (lokiya) è questa cetana, mentre in quella Ultramondana è pañña, saggezza o visione profonda. I pensieri Mondani tendono ad accumulare Kamma. I pensieri Ultramondani, al contrario, tendono a sradicare il Kamma. Quindi cetana nella coscienza ultramondana non costituisce Kamma. Cetana in ogni tipo di coscienza mondana morale o immorale, d'altra parte, è considerata come Kamma. Sebbene Cetana si trovi anche nel tipo di coscienza Vipaka, è di nessun significato morale in quanto manca del potere accumulativo.
E' questa cetana che si allude al sankhara e a bhava nella Paticca-samuppada. Nel pañcakkhandha, per sankharakkhandha si intendono i cinquanta stati mentali, esclusi vedana e sañña, con cetana come il più importante. Da un punto di vista psicologico cetana determina le attività degli stati mentali ad essa associati. Dal punto di vista etico, determina le sue inevitabili conseguenze. Quindi dove non c'è cetana, non c'è Kamma.
Ekaggata-concentrazione-unificazione: Eka + agga + ta= unica acutezza, o concentrazione su un unico oggetto, o focalizzare la mente su un unico oggetto. E' come una persistente fiamma in un luogo senza vento. E' come una solida colonna che non può essere scossa dal vento. E' come l'acqua che amalgama varie sostanze per formare un solo composto. Questo stato mentale impedisce alle sue appendici di dissiparsi e le fissa su un unico oggetto.
Questa concentrazione è uno dei cinque fattori dei Jhana. Quando è coltivata e sviluppata è detta samadhi. “E' il germe di ogni attenta, selezionata, focalizzata o concentrata coscienza.” (Compendium, p. 241).

Jivitindrya-forza vitale (mentale): Jivita=vita; + indrya=che controlla la facoltà o il principio.

E' chiamata indrya perché controlla i suoi relativi.
Sebbene cetana determini le attività di tutti gli stati mentali, è jivitindrya che infonde le vita in cetana e negli altri concomitanti.
Jivitindrya è duplice: vita psichica (nama-jivitindrya) e vita fisica (rupa-jivitindrya). Gli stati mentali sono animati dalla vita psichica, mentre i fenomeni materiali sono animati dalla vita fisica.
Come i loti sono nutriti dall'acqua, un neonato dalla nutrice, così gli stati mentali e i fenomeni materiali sono nutriti da jivitindrya.
Un rupa-jivitindrya dura diciassette momenti-pensiero. Diciassette nama-jivitindrya sorgono e si dissolvono durante la breve vita di un rupa-jivitindrya.
Vi è un tipo di rupa-jivitindrya nelle piante. Mentre rupa-jivitindrya negli uomini e negli animali sono differenti da quelli presenti nelle piante perché i primi due sono condizionati dal kamma passato.
Sia nama-jivitindrya sia rupa-jivitindrya sorgono nell'attimo del concepimento. E simultaneamente si dissolvono al momento della morte. Subito dopo, per il potere del Kamma, un altro nama-jivitindrya sorge nella successiva nascita nell'attimo del concepimento. In concomitanza del sorgere di un nama-jivitindrya sorgono tre rupa-jivitindrya nel caso degli esseri umani.
Come il marinaio dipende dalla barca e la barca dipende dal marinaio, così anche jivitindrya dipende dalla mente e dalla materia, e la mente e la materia dipendono da jivitindrya.


Manasikara:-attenzione: Il significato letterale del termine è “fare nella mente”.

Volgere la mente verso l'oggetto è la principale caratteristica di manasikara. E' come il timone di una nave, che è indispensabile per condurla verso la sua destinazione.
La mente senza manasikara è come una nave senza timone. Manasikara è anche paragonato ad un auriga che guida con la massima attenzione due cavalli ben addestrati (mente e oggetto) e segue i loro movimenti ritmici. Manasikara deve essere distinto da vitakka. Il primo dirige i suoi concomitanti verso l'oggetto, mentre il secondo si applica o li proietta (pakkhipanto viya) sull'oggetto. Vitakka è come un cortigiano che introduce un abitante del villaggio (la mente) alla presenza di un re (l'oggetto)

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