mercoledì 26 settembre 2018

..come stare a cavallo e chiedere: dov'è il cavallo?

L’illusione ci fa fraintendere il mondo, ci nasconde ciò che davvero siamo per cullarci nell’idea di chi siamo. Rifacendosi al pensiero orientale, Schopenhauer utilizza l’immagine del velo di Maya per spiegare come l’esistenza umana consista nel vivere nell’illusione, per cui il fenomeno percepito si configura proprio come illusione; esso è illusione in virtù della sua natura di rappresentazione nel campo della coscienza.

Chi si avvicina al buddhismo e alla meditazione, in una qualsiasi delle sue declinazioni, viene subito invitato a contemplare e a entrare in contatto con questo aspetto fondante del pensiero buddhista.

L’illusione ha la caratteristica di accecare, di impedirci di penetrare la realtà, di mascherare la vera natura dell’esperienza, di promuovere l’attenzione non saggia, provocando azioni dettate dall’errore.        
                                                                                       (Buddhaghosa dal Visuddhimagga) 

Ajahn Chah con una delle sue mitiche metafore diceva: “beh, è come stare a cavallo e chiedere: dov’è il cavallo?’.

Cosi ne parla il Buddha:

“ l'ignoranza causa il sorgere delle qualità nocive per la mancanza di coscienza e di presenza mentale.

Quando si è offuscati dall'ignoranza nascono visioni sbagliate e alterate sulla realtà che ci circonda, da queste false visioni nascono intenzioni e decisioni non proficue, da queste giungono la falsa parola, dalla falsa parola nasce l'azione impura, dall'azione impura giungono i malsani mezzi di sostentamento, dai malsani mezzi di sostentamento giunge lo sforzo errato,dagli sforzi errati nasce la falsa attenzione, dalla falsa attenzione nasce la concentrazione errata.

La chiara conoscenza, invece, causa il sorgere delle qualità positive grazie ad una proficua integrazione della realtà dovuta alla presenza mentale. Quando si è guidati dalla chiara conoscenza nascono le rette visioni, dalle rette visioni nasce la retta intenzione, dalla retta intenzione giunge la retta parola, dalla retta parola giunge la retta azione, con la retta azione si scelgono i retti mezzi di sostentamento, con retti mezzi di sostentamento lo sforzo è proficuo, grazie allo proficuo sforzo sorge la retta attenzione e dalla retta 'attenzione sorge la retta concentrazione ."

                                                                                                     AvijjaSutta Samyutta Nikaya. 45.1


Quando nel buddhismo si parla di ignoranza, o illusione, ci si riferisce a quella ordinaria modalità cognitiva che impedisce di entrare in contatto e di integrare la realtà che ci circonda in modo efficace. L’illusione, l’ignoranza, la percezione erronea è cosa diversa dalla mancanza di cultura o informazione, è cosa diversa dal non sapere come funziona un computer, quale sia la capitale della Lettonia o non sapere nulla sulla storia del Medio Evo. La percezione erronea genera una perdita di connessione con la realtà, può farci ignorare i fatti o sostituirli con le nostre convinzioni e opinioni.

L’illusione si manifesta su più livelli, la disattenzione ad esempio: quante volte ci è capitato di passeggiare in un bosco o nella natura senza accorgerci quali siano gli alberi intorno a noi, immersi nei nostri pensieri siamo più impegnati a seguirne il filo, piuttosto che il sentiero che percorriamo, oppure leggiamo un libro e ci accorgiamo che non ricordiamo quello che abbiamo letto nelle righe precedenti.

Un altro livello è la negazione: si verifica quando anteponiamo la nostra interpretazione della realtà alla realtà stessa. Possiamo innamorarci e illuderci che sarà eterno amore senza essere minimamente ricambiati, possiamo uccidere per quel frainteso sentimento. Quante notizie leggiamo sui giornali che troppo spesso che ci raccontano storie del genere

Il livello più profondo è la percezione erronea della realtà: quello più difficile da affrontare, quello che ci colloca al centro dell’orizzonte degli eventi come protagonisti di tutto ciò che accade. Il corpo, invece di essere un insieme di parti e organi che partecipano al meraviglioso, o terribile, fluire della vita, diventa il ‘mio’ corpo. Le nostre opinioni, lungi dall’essere opinioni tra le tante, diventano ‘le mie visioni’, spesso il trampolino di lancio per giudizi negativi e positivi, la base per separare i buoni che la pensano come noi dai cattivi che la pensano diversamente.

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Samyutta Nikaya 35.80: Avijja Sutta – Ignoranza

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Thanissaro Bhikkhu.
Copyright © 2003 Thanissaro Bhikkhu.
Access to Insight edition © 2003. Fonte in italiano canonepali.net

Un Monaco si recò dal Benedetto e, ivi giunto, dopo averlo salutato con riverenza, si sedette ad un lato. Appena seduto, disse al Benedetto:
“Signore, cosa bisogna fare per sradicare l’ignoranza e far sorgere la chiara conoscenza?
“Monaco, c’è una cosa che bisogna abbandonare per far nascere la chiara conoscenza.”
“E qual è?”
“L’ignoranza, monaco, abbandonandola fa sorgere la chiara conoscenza. (in altre parole, l’ignoranza è così predominante che deve essere direttamente abbandonata e distrutta.).
Ma in che modo un monaco conosce, in che modo un monaco vede, così da abbandonare l’ignoranza e far sorgere la chiara conoscenza?
Quando un monaco ha sentito: ‘Tutti i fenomeni sono indegni d’attaccamento.’ Dopo aver sentito che tutti i fenomeni sono indegni d’attaccamento, direttamente conosce ogni fenomeno. Conoscendo ogni fenomeno, egli comprende ogni fenomeno. Comprendendo ogni fenomeno, vede tutti gli oggetti in un altro modo.
Vede la vista in un altro modo. Vede le forme in un altro modo. Vede la coscienza visiva in un altro modo. Vede il contatto visivo in un altro modo. Qualsiasi cosa sorta tramite il contatto visivo – piacevole, dolorosa o neutra, la vede in un altro modo... vede l’udito in un altro modo….vede l’olfatto in un altro modo….vede il gusto in un altro modo…vede il corpo in un altro modo…
vede la mente in un altro modo. 

Vede gli oggetti mentali in un altro modo. Vede la coscienza mentale in un altro modo. Vede il contatto mentale in un altro modo. Qualsiasi cosa sorta tramite il contatto mentale – piacevole, dolorosa o neutra – la vede in un altro modo.
Così un monaco conosce, così un monaco vede, così da abbandonare l’ignoranza e far sorgere la chiara conoscenza.”


Avijja (lingua pali): mancanza di conoscenza, ignoranza metafisica. Il concetto che più di altri fa intendere il significato di Avijja è il seguente: ignorare la Realtà nella sua vera essenza ed il suo manifestarsi. Ritenere eterno ciò che eterno non è, puro e buono ciò che è impuro e male. Avijja è privazione della conoscenza, di quella conoscenza che non si apprende mediante l’intelletto, anche il più dotto dei sapienti infatti che non abbia intrapreso un cammino verso l’evoluzione spirituale è vittima di Avijja, nonostante il suo sapere accademico; anch’egli come quasi la totalità dell’umanità ignora la Realtà vera: la vera natura dell’essere e dell’esistenza tutta. Cercare di capire con la mente il significato di Realtà è impresa impossibile, la Realtà è un’esperienza, essa è la verità che sottende tutte le cose e come tale può solo essere vissuta e per sua natura è intrasmissibile verbalmente, è invece l’auto-realizzazione il solo mezzo per attingere alla Realtà ultima.


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