lunedì 8 aprile 2019

Abhidhamma nella vita quotidiana. Intro e Prefazione Gorkom



Inizio con questo post la pubblicazione di un bel lavoro divulgativo sull'Abhidhamma di Nina Van Gorkom. L'Abhidhamma è il terzo dei canestri della Canone Buddhista ed è un’esposizione dettagliata di tutte le realtà, costituisce una risorsa fondamentale per comprendere appieno la visione buddhista della mente e della realtà. La pubblicazione della versione italiana è stata curata da A.S.Comba. Inizio con la prefazione della Gorkom, seguita dalla prefazione all'edizione italiana di A.Comba.
Segnalo a tutti voi la pagina web di lulu.com di Antonella Comba nella quale pubblica i suoi lavori, potete trovare molte risorse di fondamentale per lo studio del buddhismo. Antonella ha tradotto dal Pali testi di grande importanza che è possibile scaricare in formato .pdf per consultazione, oppure riceverli rilegati.
Ad Antonella, amica e compagna nel Dhamma, va il mio personale ringraziamento per il suo lavoro.

Prefazione di Nina V. Gorkom

Gli insegnamenti del Buddha, contenuti nel Tipiṭaka (“Tre canestri”), sono il Vinaya (libro della regola monastica), il Sutta o Suttanta (discorsi) e l’Abhidhamma. Tutt’e tre le parti del Tipiṭaka possono essere fonti inesauribili di ispirazione e di incoraggiamento alla pratica, allo sviluppo della retta comprensione delle realtà, che porterà infine a sradicare la visione errata e gli altri inquinanti. In tutt’e tre le parti del Tipiṭaka ci vengono dati insegnamenti sui dhamma, su tutto ciò che è reale.
Il vedere è un dhamma, è reale, e lo stesso si può dire del colore, della sensazione, dei nostri inquinanti.
Quando il Buddha conseguì l’illuminazione, conobbe con chiarezza tutti i dhamma così come sono realmente. Egli ci insegnò il “Dhamma”, l’insegnamento sulle realtà, affinché anche noi potessimo conoscere i dhamma così come sono. Senza l’insegnamento del Buddha noi ignoreremmo la realtà. Siamo inclini a prendere per permanente ciò che è impermanente, per piacevole ciò che è doloroso e insoddisfacente (dukkha) e per un “sé” ciò che è non sé. Lo scopo di tutt’e tre le parti del Tipiṭaka è insegnare lo sviluppo della via che conduce alla fine degli inquinanti.

Il Vinaya contiene la regola monastica che aiuta i monaci a vivere alla perfezione la “vita pura” (brahma-cariyā1) e a raggiungere il fine insuperabile della brahma-cariyā, realizzandolo con la propria conoscenza in questa stessa vita; a questo scopo i capofamiglia abbandonano giustamente la vita domestica per la vita senza casa... Il fine della vita pura è lo sradicamento degli inquinanti.
Non solo i monaci, ma anche i laici dovrebbero studiare il Vinaya. Leggiamo di casi in cui i monaci si allontanavano dalla loro purezza di vita; quando ciò accadeva, si stabiliva una regola per aiutarli
a essere attenti. Allorché leggiamo il Vinaya, ci sono ricordate la nostra cupidigia (lobha), la nostra avversione (dosa) e la nostra confusione (moha): esse sono realtà. Finché non sono state sradicate, possono sorgere in qualsiasi momento. Ci viene ricordato quanto gli inquinanti (kilesa) siano profondamente radicati e a che cosa possano condurre. Quando consideriamo tutto ciò, siamo motivati a coltivare l’Ottuplice Sentiero che conduce allo sradicamento della visione errata, della
gelosia, dell’avarizia, della presunzione e degli altri inquinanti.

Nel Suttanta o Discorsi, il Dhamma è spiegato a diverse persone in vari luoghi e occasioni. Il Buddha dette insegnamenti su tutte le realtà che appaiono attraverso le “sei porte” degli occhi, delle orecchie, del naso, della lingua, del senso corporeo e della mente.
Illustrò la legge di causa ed effetto e la pratica che conduce alla fine di ogni sofferenza.

Quanto all’Abhidhamma, esso è un’esposizione dettagliata di tutte le realtà. Il prefisso abhi è usato nel senso di “superiorità” o “distinzione”. Abhidhamma significa “Dhamma superiore” o “Dhamma dettagliato”. La forma di questa parte del Tipiṭaka è diversa, ma il fine è lo stesso: lo sradicamento della visione errata e, in ultima analisi, di tutti gli inquinanti. Così, quando studiamo i molti modi di enumerare le realtà, non dovremmo dimenticare il vero scopo del nostro studio. La teoria (pariyatti) dovrebbe incoraggiarci alla pratica (paṭipatti), che è necessaria alla realizzazione della verità (paṭivedha). Mentre studiamo i vari fenomeni mentali (nāma) e i fenomeni fisici (rūpa), e mentre
riflettiamo su di essi, ciò può ricordarci di essere consapevoli del nāma e del rūpa che appaiono in questo momento. Così scopriremo sempre più che l’Abhidhamma spiega tutto ciò che è reale, vale a dire i “mondi” che appaiono attraverso le sei porte dei sensi e della mente.

Questo libro intende fornire un’introduzione allo studio dell’Abhidhamma. Per capirne il contenuto sono necessarie alcune conoscenze basilari del buddhismo.
Userò termini in pāli, che è la lingua originale dei testi sacri dell’antica tradizione del Theravāda. Gli equivalenti inglesi e italiani delle parole in pāli sono spesso inadeguati, in quanto derivano dalla filosofia e dalla psicologia occidentali e sono quindi associati a significati diversi da quelli degli insegnamenti buddhisti. Spero che il lettore, invece di essere scoraggiato dai termini in pāli e dai numerosi elenchi usati in questo libro, svilupperà un interesse crescente per le realtà che sperimenta in se stesso e intorno a sé.
La Signora Sujin Boriharnwanaket mi è stata di immenso aiuto e ispirazione mentre studiavo l’Abhidhamma. Mi ha incoraggiata a scoprire in prima persona che l’Abhidhamma tratta di realtà da
sperimentare attraverso i sensi e la mente. Così ho imparato che lo studio dell’Abhidhamma è un processo che continua per tutta la vita.
Spero che il lettore avrà un’esperienza simile alla mia e sarà pieno di entusiasmo e contentezza ogni volta che studierà le realtà che possono essere sperimentate!
Ho citato molte volte passi dei Sutta al fine di mostrare chel’insegnamento contenute nell’Abhidhamma non è diverso da quello di altre parti del Tipiṭaka. Ho usato principalmente la traduzione inglese della Pāli Text Society (Translation Series). Per le citazioni dal Visuddhi-magga (Il sentiero della purificazione) ho usato la traduzione di Bhikkhu Ñāṇamoli (Colombo, Śrī Laṅkā, 1964)3. Il Visuddhi-magga è un compendio del buddhismo scritto dal commentatore Buddhaghosa
nel V secolo d. C. Egli ha anche riveduto e pubblicato i commenti alla maggior parte del Tipiṭaka, basando il suo lavoro su tradizioni commentariali più antiche.
L’Abhidhamma consiste nei seguenti sette libri:
• la Dhamma-saṅgaṇi (A Manual of Buddhist Psychological Ethics5)
• il Vibhaṅga (The Book of Analysis)
• la Dhātu-kathā (Discourse on Elements)
• la Puggala-paññatti (A Designation of Human Types)
• il Kathā-vatthu (Points of Controversy)
• lo Yamaka (The Book of Pairs)
• il Paṭṭhāna (Conditional Relations)

Quando cominciai a scrivere questo libro, le mie fonti erano il Visuddhi-magga e l’Aṭṭha-sālinī (Expositor), il commento alla Dhamma-saṅgaṇi scritto da Buddhaghosa. Ho anche usato l’Abhidhammattha-saṅgaha, un compendio dell’Abhidhamma scritto da Anuruddha. Queste opere mi hanno aiutato molto nello studio dell’Abhidhamma, della Dhamma-saṅgaṇi e di altre opere su questi
argomenti che mi sono procurata nel corso del tempo. I commenti danno una spiegazione e una nomenclatura dettagliate dei diversi citta o momenti di coscienza, ciascuno dei quali svolge la propria funzione, e trattano delle differenti serie di citta che sperimentano un oggetto attraverso una porta sensoriale o attraverso la la porta mentale. Sebbene non tutti i dettagli concernenti le serie dei
citta possano essere rintracciati nelle scritture, i commenti sono solidamente basati su di esse, perché l’essenza degli argomenti spiegati dai commentatori può esservi rinvenuta.
La Dhamma-saṅgaṇi, che è un’esposizione analitica delle realtà, enumera diversi citta che sorgono nelle serie.
Il Vibhaṅga, nell’“Analisi degli elementi”, tratta dei citta che svolgono le loro funzioni nelle serie e anche il Paṭṭhāna espone le serie dei citta sotto la denominazione di alcune delle condizioni che
illustra. Inoltre il Paṭisambhidā-magga del Khuddaka-nikāya menziona le diverse funzioni del citta in una serie.
Io spero che questi pochi riferimenti mostrino che il commentatore non intendeva esprimere i suoi punti di vista personali, ma era fedele alla tradizione delle scritture originali. Negli ultimi quattro capitoli di questo libro fornisco spiegazioni circa i citta che raggiungono il jhāna o assorbimento e i citta che conseguono l’illuminazione. Alcuni lettori potrebbero chiedersi perché mai dovrebbero conoscere i dettagli su questi due argomenti. È utile studiare dettagli sul jhāna e sull’illuminazione perché la gente può averne nozioni errate. Lo studio dell’Abhidhamma aiuterà a non essere confusi circa le realtà; favorirà inoltre la comprensione dei Sutta dove spesso ci si riferisce al jhāna e al nibbāna.
Ho aggiunto alcune domande alla fine dei capitoli che possono aiutare il lettore a riflettere su quanto ha letto.

Il fu Bhikkhu Dhammadharo (Alan Driver) e anche Mr. Jonathan Abbott mi hanno fornito correzioni e suggerimenti molto utili per il testo della prima edizione di questo libro. Desidero anche esprimere la mia gratitudine alla “Dhamma Study and Propagation Foundation” e all’editore Alan Weller che ha reso possibile pubblicarne la terza edizione.

                                                                                                          Nina van Gorkom

Il presente volume di Nina van Gorkom costituisce un’utile introduzione sia ai principali concetti dell’Abhidhamma-Piṭaka, il terzo Canestro o sezione del Canone in pāli, sia alla lettura del più famoso manuale di Abhidhamma, ossia l’Abhidhammattha-saṅgaha di Anuruddha; rende inoltre più comprensibile il terzo volume del Visuddhi-magga di Buddhaghosa, riguardante la saggezza.Nella sua opera la van Gorkom espone con chiarezza argomenti complessi, alternandone l’esposizione con citazioni dei discorsi del Buddha o dei suoi discepoli. I Sutta illustrano infatti in forma ornata gli stessi concetti dell’Abhidhamma e ne mostrano l’applicazione nella pratica meditativa. Per rendere con maggior precisione il significato originale dei passi canonici citati, essi sono stati da me tradotti direttamente dalla fonte in pāli. Talvolta ho tradotto un passo canonico più lungo di quello citato dalla van Gorkom, perché mi sembrava che la citazione, se estesa, fosse più comprensibile al lettore. Ho anche aggiunto al testo le tabelle, ho completato il glossario, aggiungendo il genere dei nomi in pāli, e ho ampliato la bibliografia (che nell’originale conteneva solo le opere dell’Autrice e di Sujin Boriharnwanaket).L’uso frequente dei termini tecnici in pāli nel corso dell’opera, una scelta dell’Autrice che personalmente condivido, permette di acquisire familiarità con parole in gran parte intraducibili, come ella stessa sottolinea nella sua Prefazione. Nel rendere in italiano alcune parole ho talvolta adottato soluzioni diverse da quelle dell’Autrice, seguendo il linguaggio in uso nel contesto meditativo e buddhista italiano e talvolta utilizzando la terminologia già impiegata nella mia traduzione del Visuddhi-magga.Ringrazio di cuore Nina van Gorkom per avermi gentilmente concesso l’autorizzazione di tradurre il suo libro.

                                                                                          Antonella Serena Comba
 

Nessun commento:

Posta un commento