lunedì 19 febbraio 2018

Oggetti di meditazione in vipassana

Una delle cose più importanti in meditazione vipassana è l'oggetto di meditazione. Per 'oggetto di meditazione' si intende quell'aspetto dell'esperienza, nell'ambito dei fenomeni fisici e mentali, verso cui dirigiamo il focus della nostra attenzione con l'intenzione di sviluppare una consapevolezza continua e concentrata. Inizialmente può trattarsi di un generale 'body scan o viaggio nel corpo' che ci consente di entrare in contatto con tutte le parti e con le sensazioni generali che ne risultano in relazione alla postura scelta, alle condizioni relative all'ambiente che ci circonda. In seguito può essere più efficace ed opportuno restringere sempre di più il campo dell'esperienza, e quindi di scegliere un nostro oggetto di meditazione. Restringere il fuoco della nostra osservazione favorisce lo sviluppo della calma concentrata e ci consente al contempo di spostare più in profondità il potenziale dell'esperienza amplificando le caratteristiche e le qualità dei fenomeni osservati, siano essi fisici che mentali.
 
Una buona suggestione ci viene fornita dal modo in cui esso viene chiamato in lingua Pali, cioè 'kammatthana', che letteralmente significa “luogo di lavoro/attività”, esso è il “terreno o campo di esperienza” per la coltivazione degli stati mentali della concentrazione e della visione profonda.L'attività meditativa in meditazione vipassana si svolge nell'ambito dei Quattro Fondamenti della Consapevolezza:
  • corpo
  • sensazioni 
  • oggetti mentali 
  • coscienza
Il nostro oggetto primario, in genere, viene 'prescelto'. Nelle fase iniziali ci viene indicato dall'insegnante o è correlato alla tecnica/tradizione meditativa a cui ci affidiamo. In genere rappresenta il fenomeno, o processo principale, verso cui dirigiamo la nostra attenzione e verso il quale ricondurremo ogni volta il focus della nostra ossevazione. Per convenzione ci riferiamo ad esso come 'oggetto primario'.
Durante la pratica, nello svolgersi di un ritiro o nell'ambito di una sessione, mentre portiamo avanti l’attività di osservazione, altri fenomeni si presentano alla nostra attenzione. Prevalentemente in maniera spontanea e improvvisa irrompono nel campo della coscienza: suoni, odori, pensieri, ricordi sensazioni piacevoli e spiacevoli, immagini mentali questi eventi, sempre per convenzione, costituiscono l'insieme degli 'oggetti secondari'. Molto spesso nei meditanti nascono dei dubbi rispetto all’oggetto sul quale meditare. Può darsi che l’oggetto primario scompaia, che sia stato messo in ombra o sostituito da qualcos'altro, oppure che più oggetti si presentino contemporaneamente in maniera confusa.
 
L’oggetto primario che scegliamo di osservare deve essere stabilito in base a precise ragioni perchè è l’oggetto relativo alla meditazione di visione profonda che costituisce la base della nostra pratica.
In primo luogo l’oggetto primario deve essere un fenomeno facile con cui prendere e restare contatto, questo facilita lo sviluppo della presenza mentale e della concentrazione. 
In generale io uso prevalentemente il movimento del “sollevarsi-abbassarsi” nella zona dell’addome. Questo oggetto è tra gli oggetti fisici grossolani e continua ad essere l’oggetto primario della meditazione di visione profonda come viene praticata nella tradizione di Mahasi Sayadaw. In altre tecniche e tradizioni (altrettanto valide N.d.A) si usa il respiro che entra e esce dalle narici nella zona tra naso e labbro superiore, oppure l’osservazione delle sensazioni nel corpo. Diciamo che ogni oggetto primario tra quelli appena citati ha una sua funzionalità peculiare:

Scegliendo l’osservazione del respiro alla base del naso, dirigiamo l’attenzione e l’osservazione ad
un’area abbastanza circoscritta, lo si considera quindi più adatto allo sviluppo della concentrazione rispetto alla consapevolezza. Spesso viene utilizzato nei primi giorni dei ritiri proprio per la sua
efficacia nello sviluppo della concentrazione e della calma, in quanto la concentrazione tranquillizza la mente. Le sensazioni in questo caso sono generalmente più sottili e spesso non facili da intercettare.

Scegliendo l'osservazione del movimento di salita e discesa dell’addome, abbiamo a che fare con qualcosa che avviene in conseguenza della respirazione, ne viene seguito il movimento con tutte le sensazioni, in termini di qualità e caratteristiche, ad esso collegate. Essendo localizzato in un’area più ampia rispetto alla base del naso ha il vantaggio di offrire un ventaglio di sensazioni più chiare ed evidenti su cui mantenere l’osservazione e questo è di aiuto nel restare collegati a ciò che stiamo osservando e di ritornarvi facilmente in caso di distrazioni. Generalmente consente uno sviluppo bilanciato tra concentrazione e consapevolezza.

Scegliendo l’osservazione della postura, ovvero delle sensazioni nel corpo e dei punti di contatto il campo di osservazione è ancora più ampio e, specie nelle fasi iniziali della pratica, consente alla presenza mentale di radicarsi nel corpo. Di solito si effettua muovendo la presenza mentale dall’alto verso il basso e viceversa e ha il vantaggio di fornire un grande numero di sensazioni su cui portare l’attenzione. In questo caso è la consapevolezza ad esserne avvantaggiata rispetto alla concentrazione.
 
La pluralità degli oggetti è una risorsa importante in quanto abbiamo la possibilità di scegliere gli oggetti primari di meditazione anche in relazione alle “caratteristiche di utilità” proprie ad ognuno di essi.

Purtroppo, 'difetto umano', a volte si sviluppano delle posizioni dogmatiche rispetto ad un oggetto piuttosto che ad altri (a volte semplicemente dovuti al fatto che conoscendo bene lo sviluppo della
pratica in relazione ad un oggetto soltanto si tende ad escludere gli altri).

Il mio personale suggerimento è quello di sperimentare con un atteggiamento pragmatico e aperto. Nella mia esperienza meditativa ho utilizzato tutte le tecniche che mi venivano proposte senza preclusioni o preconcetti, ho imparato da tutti e scelto da solo. Lo sviluppo della saggezza è una strada lunga e interessante, è meglio che i nostri occhi siano aperti a tutto e la nostra Chiara Comprensione ampia e profonda.

Quello che lo yogi, o il meditante deve cercare di fare è rimanere sull’oggetto prescelto in modo rilassato, seguendolo e osservandolo con una presenza mentale ininterrotta, con semplicità e senza eccessivo sforzo, in modo da evitare tensioni e cercando di osservare tutto ciò che si sperimenta a livello di sensazioni fisiche e mentali. Mentre stiamo sull’oggetto primario possono presentarsi anche altri oggetti che chiamiamo oggetti secondari: possono essere pensieri e agitazione mentale, sonnolenza e torpore, rumori o altre sensazioni corporee, quali sensazioni di disagio o dolori. Se sono leggeri, si possono ignorare, oppure possiamo notarli/etichettarli per poi tornare all’oggetto primario.
 
Durante la pratica si possono presentare poi dei fenomeni mentali definiti come impedimenti (ovvero
stati mentali che turbano il flusso della consapevolezza) che, specie nel caso dei principianti, possono essere l'agitazione mentale, il torpore, la sonnolenza e la pigrizia.
Questi impedimenti vanno conosciuti perchè se riusciamo a vincerli sul nascere, quando sono deboli, non dovremo subirne in seguito i pesanti attacchi, perdendo del tempo prezioso e ricominciando ogni volta daccapo. Vanno affrontati come importanti priorità perché in loro presenza non c’è consapevolezza o, se essa è presente, ne verrà indebolita. In questo caso la notizia buona è che, dato che tutto è transitorio, prima o poi anche gli impedimenti si indeboliranno e se ne andranno, la notizia meno buona è che a quel punto dovremo ricominciare il nostro lavoro di sviluppo della consapevolezza.
 
Altro tema cruciale è quello del “predominio”, ovvero il caso di un altro oggetto che interferisce e
predomina sull’oggetto primario, che prima o poi ne viene cancellato. Se è possibile rimanere sull’oggetto primario, anche se è diventato più fine e sottile, manteniamo questo oggetto; se invece
non riusciamo a mantenerlo verrà in primo piano il prossimo oggetto predominante. A volte si tratta di sensazioni dolorose o comunque di sensazioni fisiche o sensoriali, ad esempio un suono (senso
dell’udito) può diventare predominante se il rumore è molto forte, o lo stesso può accadere con un
oggetto visibile (senso della vista), mentre stiamo camminando.
Se due oggetti competono per il predominio, bisogna considerare vari fattori, poiché è anche
possibile osservare i due oggetti contemporaneamente. In questo caso la “visione”, o “campo di
osservazione”, sarà più ampia. Un esempio è quello di due sensazioni dolorose in due parti molto
lontane del corpo o in due punti di una gamba: se ci concentriamo su un punto, l’altro potrebbe
diventare predominante e si finisce per correre avanti e indietro tra un punto e l’altro. Questo
continuo correre potrebbe diventare un problema; in tal caso possiamo decidere di allargare la
visione a entrambi gli oggetti, rafforzando così la presenza mentale.
 
In ogni caso se un oggetto secondario prende il sopravvento sul primo diventa l’oggetto primario. Quello che in precedenza era l'oggetto primario, viene 'lasciato andare' e sfuma entrando a far parte dei secondari. L’importante è che il flusso della presenza mentale sia continuo e che vi sia chiarezza di questo avvicendamento. Una volta raggiunta questa continuità, lo sviluppo successivo è quello della concentrazione. Ovviamente, lo sviluppo della concentrazione sarà più veloce se rimaniamo sempre sullo stesso oggetto primario per un lungo periodo di tempo e se, in caso di cambiamento di oggetto, la consapevolezza ne gestisce la transizione.
 
Un oggetto interno è preferibile a un oggetto esterno. Il motivo è che l’oggetto interno aiuta a
mantenere l’autocontrollo e un campo di osservazione circoscritto, mentre gli oggetti esterni tendono a distrarre. Se ad esempio dobbiamo scegliere tra le sensazioni fisiche e i suoni, sono preferibili le prime. 
Una volta stabilita la presenza mentale, si scelgono oggetti che rivelano con chiarezza le tre
caratteristiche universali: impermanenza, sofferenza e non sé
, che con lo sviluppo dell'Insight, diventeranno i veri oggetti della vipassana.
 
Nota sulla pratica progressiva
Anche se queste istruzioni di base sono ben comprese, quando si inizia a metterle in pratica si scopre che non è facile applicarle.
In primo luogo ci si accorgerà di lottare semplicemente per essere consapevoli, questo perché
occorre sbarazzarsi di quegli impedimenti che i meditanti incontrano per sviluppare una concentrazione di base. Questi impedimenti non sono altro che contaminazioni, emozioni
negative, accumuli di stress, scorie accumulate nelle nostre vite che vanno sostituite dalla presenza mentale in modo che diventi un’abitudine fondamentale.
Una volta sviluppata la concentrazione e superati gli impedimenti, gli oggetti diventano chiari e la
penetrante presenza mentale li indaga per sperimentare la loro vera natura. L’approfondita visione
profonda purificherà progressivamente la mente fino a raggiungere la realizzazione.

Buon lavoro! Che la liberazione giunga presto piuttosto che ......

4 commenti:

  1. Chiaro e conciso - posso tradurre e divulgare?

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. ciao Paola,
      ti ringrazio, traduci e condividi pure, se vorrai citare la fonte te ne sarò grato, ma ritieniti libera di fare come preferisci.
      Grazie per essere passata di quà

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  3. Buonasera. Vista l'autorizzazione concessa ad altro utente in un precedente commento, mi permetto di condividere il bell'articolo con i membri del mio Sangha. Grazie

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