lunedì 8 maggio 2017

Majjhima Nikaya 20: Vitakkasanthâna Sutta – La rimozione dei pensieri distraenti

Chiunque abbia provato a meditare, si è subito reso conto di avere un limitato controllo rispetto all'invadenza dei pensieri nel campo della coscienza. Si tratta forse del primo, e in qualche caso destabilizzante, incontro con l'Anatta nel suo aspetto di 'assenza di controllo', da quel momento in poi a chi decide di proseguire non posso far mancare il mio 'benvenuto a bordo'. Qualsiasi sia l'oggetto su cui viene diretta l'attenzione, sia esso un fenomeno mentale o fisico, un oggetto di contemplazione, una visualizzazione, i pensieri reclamano con insistenza e un proprio spazio e, specialmente agli inizi, sembra quasi impossibile fermarli e limitarli.
Possono essere casuali come vaghi ricordi e immagini mentali, oppure riportano nel campo dell'attenzione dinamiche attive nella nostra vita, per cui ci ritroviamo a rielaborare o progettare e riprogettare azioni in una ruminazione che raramente trova poi uno sbocco concreto e valido

Risulta sorprendente con quanta facilità i nostri pensieri cambino direzione o cessino improvvisamene e quanto spesso si comportino come litiganti indisciplinati, interrompendosi continuamente gli uni con gli altri e rifiutandosi di ascoltare gli argomenti delle altre parti. 

Ancora, molte linee di pensiero restano rudimentali e non si traducono in volontà ed azione perchè manca il coraggio di accettarne le conseguenze pratiche, morali, etiche e intellettuali.
Più da vicino osserviamo la media delle nostre percezioni, pensieri o giudizi e più dovremo ammettere che molti di essi sono irrealizzabili. Sono solo il prodotto dell’abitudine, guidati da pregiudizi intellettuali, conformismi ideologici, preferenze e avversioni, osservazioni sbagliate o superficiali, spesso viziate da pigrizia od egoismo. Un tale sguardo in questi, troppo spesso trascurati, quartieri della mente può rappresentare un sano shock per l’osservatore, convincendolo della necessità di prendersi cura di quelle regioni in continuo movimento sotto il sottile strato superficiale della mente ordinaria, si tratta di zone oscure e crepuscolari che indeboliscono la forza e la lucidità della coscienza nel suo insieme.
Anche i discepoli del Buddha evidentemente non erano esenti da queste 'visite importune' e nel Vitakkasanthâna Sutta si è occupato proprio di questo argomento dispensando le sue indicazioni al riguardo. 
Ho tradotto la versione inglese dal Pali di Soma Thera, studioso e traduttore di testi buddhisti dal Pali.
Come al solito la mia traduzione in italiano non vuole essere letterale e per questa ragione in fondo troverete l'originale in inglese.
Nella traduzione da me proposta il solito e sintetico linguaggio dei sutta viene sviluppato per renderlo più attuale, chiaro e possibilmente fruibile, perlomeno lo spero. Tanto non potete tirarmi pomodori....

Majjhima Nikaya 20: Vitakkasanthâna Sutta – La rimozione dei pensieri distraenti

Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava presso Sâvatthî, nel giardino di Anâthapindiko.
Là il Buddha  si rivolse ai monaci dicendo:
Ci sono cinque cose su cui dovrebbe riflettere di tanto in tanto colui che intende sviluppare una coscienza superiore.

Se un monaco concepisce pensieri connessi a odio, illusione e desiderio collegati a oggetti mentali accidentali e, a causa di quei pensieri, sorgono in lui deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di illusione, allora il monaco deve (per liberarsi di quei pensieri) rivolgersi a un differente oggetto collegato a pensieri abili e proficui. Così facendo si disperdono, le deliberazioni nocive e indegne, le immagini di brama, di avversione e di accecamento si dissolvono. Cosicché la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione. Proprio come un abile muratore o garzone muratore colpendo forte con un cuneo piccolo può estrarre e espellerne uno grosso, così un monaco con un pensiero degno e valido può scacciarne uno nocivo e indegno.

Se continuano a sorgere in lui pensieri connessi a odio, illusione e desiderio collegati a oggetti mentali accidentali, generando deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento, allora egli deve considerare in questo modo gli svantaggi di tali pensieri: 'questi pensieri che stanno sorgendo in me sono miseri, poco abili e degni di biasimo. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione

Così come una donna o un uomo giovani e ben vestiti proverebbero disgusto e orrore se fosse loro legata al collo una carogna di serpe, di cane o una carogna umana; allo stesso modo un monaco che nel suo sforzo di elevarsi vedesse sorgere ancora in lui deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione e di accecamento, dovrebbe provare disgusto nel considerarne la miseria. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione

Se in costui, mentre considera la miseria di quei pensieri e quelle deliberazioni, sorgono ancora altri pensieri e considerazioni nocive, indegne, immagini di brama, avversione e accecamento, egli deve allora sforzarsi di non concedere loro alcuna attenzione. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione. Così come un uomo che ci vede benissimo e che non voglia vedere qualcosa nel suo spazio visivo, può chiudere gli occhi o guardare altrove; altrettanto può fare colui che non desidera concedere alcuna attenzione a quei pensieri e a quelle considerazioni. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione

Se in costui, quantunque non conceda a quei pensieri e quelle considerazioni alcuna attenzione, sorgono ancora pensieri e altre deliberazioni nocive e indegne, egli dovrebbe riflettere sulla origine di quei pensieri, conoscendone l'origine quei pensieri le deliberazioni si disperdono, si dissolvono. Cosi la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione.  

Proprio come se a un uomo che camminasse in fretta venisse il pensiero: ' Perché sto camminando in fretta? Voglio andare più adagio ', poi, mentre va più adagio, gli venisse il pensiero: ' Ma perché cammino ? Voglio rimanere fermo '. Essendo fermo, pensasse: ' Perché sto in piedi? Mi siederò. E, essendo seduto, pensasse:' Perché dovrei solo sedermi? Mi voglio distendere '. Allo stesso modo passando da una postura di movimento, rallentando, fermandosi, sedendosi e distendendosi egli abbandona i movimenti allo stesso modo un monaco che conosce l'origine di quei pensieri che sorgono ancora in lui generando deliberazioni nocive e indegne, deve farle sparire una dopo l'altra, in serie. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione.

Se di nuovo accade che, mentre egli fa svanire uno dopo l'altro quei pensieri, ne sorgono altri egli deve con i denti stretti e lingua aderente al palato, con la forza della volontà, sottoporre, comprimere e sottomettere la mente malvagia con la mente saggia. Cosi facendo quei pensieri si disperdono, si dissolvono e la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione.

Come un uomo grande e forte riesce a sottomettere con la forza un uomo piccolo e debole, prendendolo per la testa e per le spalle, allo stesso modo se in un monaco che concepisce un pensiero sorgono deliberazioni nocive e indegne, immagini di brama, di avversione dapprima passa ad un'altra immagine degna e quando altri pensieri indegni sorgono egli passa al rimedio successivo considera la miseria di quelle deliberazioni e non concede a quelle deliberazioni alcuna attenzione; se ancora concepisce pensieri inopportuni ne conosce le origini e le fa svanire una dopo l'altra. Infine, come ultima risorsa ricorre alla forza di volontà e a denti strette e lingua aderente al palato, con la volontà domina l'animo, lo comprime, lo abbatte, cosi le deliberazioni nocive e indegne, le immagini di brama, di avversione e di accecamento si disperdono, si dissolvono, e, poiché le ha superate la mente si rinsalda, si calma, diviene stabile unificata e forte sul suo oggetto di meditazione.

Costui, o monaci, viene chiamato un Maestro del sentiero sul quale si muovono i pensieri. Egli pensa ciò che desidera pensare e non pensa ciò che non desidera pensare.

I suoi pensieri e le sue intenzioni sono solamente pure. Egli ha spento la brama, estirpato i vincoli latenti, spegnendo l'orgoglio ha messo fine al dolore."

Così parlò il Sublime. Contenti si rallegrarono i monaci della sua parola.

Versione originale inglese
Majjhima Nikaya 20 Vitakkasanthana Sutta: The Removal of Distracting Thoughts
translated from the Pali by Soma Thera

Thus have I heard. At one time the Blessed One was staying at Savatthi, in Jeta's Grove, Anathapindika's Pleasance. The Blessed One addressed the bhikkhus, saying, "Bhikkhus," and they replied to him saying, "Reverend Sir." The Blessed One spoke as follows:

"Five things should be reflected on from time to time, by the bhikkhu who is intent on the higher consciousness. What five?

When evil unskillful thoughts connected with desire, hate, and delusion arise in a bhikkhu through reflection on an adventitious object, he should, (in order to get rid of that), reflect on a different object which is connected with skill. Then the evil unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

Like an experienced carpenter or carpenter's apprentice, striking hard at, pushing out, and getting rid of a coarse peg with a fine one, should the bhikkhu in order to get rid of the adventitious object, reflect on a different object which is connected with skill. Then the evil unskillful thoughts connected with desire, hate and delusion are eliminated; they disappear. By their elimination the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

If the evil unskillful thoughts continue to arise in a bhikkhu, who in order to get rid of an adventitious object reflects on a different object which is connected with skill, he should ponder on the disadvantages of unskillful thoughts thus: Truly these thoughts of mine are unskillful, blameworthy, and productive of misery. Then the evil unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

Like a well-dressed young man or woman who feels horrified, humiliated and disgusted because of the carcass of a snake, dog, or human that is hung round his or her neck, should the bhikkhu in whom unskillful thoughts continue to arise in spite of his reflection on the object which is connected with skill, ponder on the disadvantages of unskillful thoughts thus: Truly, these thoughts of mine are unskillful, blameworthy, and productive of misery. Then the evil, unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

If evil, unskillful thoughts continue to arise in a bhikkhu who ponders on their disadvantageousness, he should in regard to them, endeavor to be without attention and reflection. Then the evil unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

Like a keen-eyed man shutting his eyes and looking away from some direction in order to avoid seeing visible objects come within sight, should the bhikkhu in whom evil, unskillful thoughts continue to arise in spite of his pondering on their disadvantageousness, endeavor to be without attention and reflection as regards them. Then the evil, unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

If evil, unskillful thoughts continue to arise in a bhikkhu in spite of his endeavor to be without attention and reflection as regards evil, unskillful thoughts, he should reflect on the removal of the (thought) source of those unskillful thoughts. Then the evil, unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

Just as a man finding no reason for walking fast, walks slowly; finding no reason for walking slowly, stands; finding no reason for standing, sits down; finding no reason for sitting down, lies down, and thus getting rid of a posture rather uncalm resorts to a restful posture, just so should the bhikkhu in whom evil, unskillful thoughts arise, in spite of his endeavor to be without attention and reflection regarding them, reflect on the removal of the (thought) source of those unskillful thoughts. Then the evil, unskillful thoughts are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

If evil, unskillful thoughts continue to arise in a bhikkhu in spite of his reflection on the removal of a source of unskillful thoughts, he should with clenched teeth and the tongue pressing on the palate, restrain, subdue and beat down the (evil) mind by the (good) mind. Then the evil, unskillful thoughts connected with desire, hate and delusion are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

Like a strong man holding a weaker man by the head or shoulders and restraining, subduing and beating him down, should the bhikkhu in whom evil, unskillful thoughts continue to arise in spite of his reflection on the source of unskillful thoughts, restrain, subdue and beat down the (evil) mind by the (good) mind, with clenched teeth and the tongue pressing on the palate. Then the evil, unskillful thoughts connected with desire, hate and delusion are eliminated; they disappear. By their elimination, the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated, just within (his subject of meditation).

When, indeed, bhikkhus, evil unskillful thoughts due to reflection on an adventitious object are eliminated, when they disappear, and the mind stands firm, settles down, becomes unified and concentrated just within (his subject of meditation), through his reflection on an object connected with skill, through his pondering on the disadvantages of unskillful thoughts, his endeavoring to be without attentiveness and reflection as regards those thoughts or through his restraining, subduing, and beating down of the evil mind by the good mind with clenched teeth and tongue pressing on the palate, that bhikkhu is called a master of the paths along which thoughts travel. The thought he wants to think, that, he thinks; the thought he does not want to think, that, he does not think. He has cut down craving, removed the fetter, rightly mastered pride, and made an end of suffering."

The Blessed One said this, and the bhikkhus glad at heart, approved of his words.

4 commenti:

  1. Grazie Giancarlo, molto bello e molto utile. Mi piacerebbe qualche elemento sulla forza di volonta' (che a volte e' difficile avere) necessaria ad applicare i metodi da te descritti. Grazie!

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    1. Ciao EraOra,
      La forza di volontà inizia con Cetana l'intenzione, che nel buddhismo viene messa in relazione al Kamma, l'intenzione muove all'azione e l'azione è kamma, poi si associano altri stati come l'attenzione, la determinazione, la concentrazione, l'applicazione sostenuta, lo sforzo e, quando l'azione è proficua l'intenzione diventa Chanda il voler fare. Quella che chiami forza di volontà è il risultato di un insieme di stati mentali che concorrono insieme. Appena ho un poco di tempo posterò il Cûlakammavibhanga Sutta - Determinazione dell'azione un discorso molto utile al riguardo. Come sempre comunque la forza di volontà va coltivata, non necessariamente è sufficiente la dotazione ordinaria, spesso quando esprimerla ci richiede rinunce e sacrifici personali.
      Grazie di essere stata qui

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  2. Grazie, questo articolo ha fatto condensare alcune considerazioni che andavo maturando questi giorni.

    In sostanza i metodi citati si traducono in un saggio uso dell'attenzione: usare l'attenzione in modo da indebolire e contrastare gli elementi nocivi della mente, in modo che, se sorti, diminuiscano e scompaiano.

    Condizione essenziale è che la consapevolezza/attenzione, al primo apparire dell'elemento nocivo, non si assorba/identifichi con esso, anzi lo riconosca immediatamente come tale e ricorra alle tecniche sopra menzionate. Consapevolezza dunque che è da intendere non solo come un "rendermi conto che sto percependo X", ma anche memoria degli insegnamenti del Dhamma: "X è nocivo, non devo alimentarlo".

    Condizione per tale consapevolezza che si accorge della nocività in tempo reale è dunque... una preesistente consapevolezza/memoria. Solo se sono già consapevole posso accorgermi che sta sorgendo una realtà negativa e contemporaneamente avere la forza per attuare un piano di indebolimento.

    Altrimenti può succedere (mi capita spesso) che una consapevolezza "casuale" sia un semplice "prendere atto", senza alcuna motivazione (o forza) a dirottare il comportamento negativo. Anzi, in quei momenti si dimentica anche il perchè della nocività, o gli effetti della stessa.

    Ecco perché è importante mantenere una continuità nella pratica di consapevolezza, in modo che questa si rafforzi grazie a ravvicinati, iterativi momenti di consapevolezza/memoria, in un crescendo - così come una somma di onde le cui creste sono sempre più vicine genera un'onda di sempre maggior ampiezza.

    In tale contesto, mi piace notare, la consapevolezza non è fine a se stessa, ma è uno strumento per coltivare un sempre maggior distacco.

    Anche il commento di EraOra mi interpella: a mio avviso, il sutta chiama in gioco innanzitutto la consapevolezza, lo sforzo di volontà è invocato solo come ultimo rimedio ed emerge quasi come intenzione pura. Notare che, nella pratica, se uno è costretto ad arrivare al quinto step ("egli deve con i denti stretti e lingua aderente al palato"), vuol dire che deve aver avuto una notevole dose di consapevolezza e determinazione nello sradicare, per quattro step, l'elemento nocivo; il quale, per poter avere la forza di resistere a un così protratto sforzo, non è escluso che abbia un'origine esterna (quelli che noi chiamiamo demoni, o legioni di Mara :)). In qualche modo la volontà si costruisce man mano negli step precedenti, rafforzandosi, ma è inclusa in quella prima consapevolezza che si era accorta dell'elemento nocivo e *ha deciso* di indebolirlo.

    In conclusione, per la mia modesta esperienza, il modo migliore per "avere la volontà di respingere" gli elementi nocivi è prepararsi *in anticipo*, cercando di mantenere viva un'onda di consapevolezza e mantenere nella memoria gli insegnamenti del Dhamma - anche frequentando siti come questo :)

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    1. Ciao Robermann,
      la consapevolezza è sempre utile e la sua continuità ne rafforza l'efficacia in quanto strumento, proprio come rilevi anche tu. L'ultimo rimedio è un invito a non cedere il passo ai difetti mentali e agli inquinanti, indicare origini esterne alle legioni di Mara però, a mio avviso, è solo una illusione. Tutto nasce e muore all'interno del flusso della coscienza e in quel vasto fardello che ci portiamo dietro da tempo immemorabile che chiamiamo kamma o karma.
      Grazie di essere stato qui

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