martedì 1 novembre 2016

Si tratta di un'illusione, è sottile, ma è pur sempre una illusione

Nel novembre del 1973 moriva Alan Watts, filosofo, autore e studioso del pensiero buddhista, vedanta e induista.
Voglio ricordarlo riducendo e traducendo una breve parte
del suo bel libro : The Wisdom of Insecurity - A message for an age of anxiety. In queste pagine sviluppa la sua riflessione su una idea fondante del buddhismo, l'idea cioè che 'l'io', l'identità su cui tanto investiamo e a cui affidiamo il senso delle nostre vite, non sia altro che una costruzione illusoria. Che io sappia non esiste una traduzione in italiano di questo testo di Watts, lucido, chiaro e diretto al punto, questo è un mio piccolo contributo alla sua memoria....le grandi menti lasciano tracce, briciole sul cammino, lampi di luce che guidano il sentiero di che cerca....
Buona lettura..

(A. Watts)...l'idea di un pensatore come entità separata o di un 'io' distinto dalla esperienza si forma a causa della memoria, dei ricordi che si sommano e dalla estrema velocità con cui cambia il pensiero.

L'illusione di fare esperienza nel presente e di ricordare/conoscere il passato nello stesso momento suggerisce che vi sia qualcosa in noi distinto sia dalla esperienza nel presente che da quella del passato, il ragionamento più o meno è questo: "se conosco la presente esperienza, che è diversa dalla esperienza del passato, e se  posso comparare le due esperienze e notare che tra le due qualcosa è cambiato, significa che 'io' devo essere qualcosa di costante diverso da queste due esperienze".
Si tratta di una illusione, sottile, ma pur sempre una illusione.
Noi non possiamo comparare l'esperienza del momento presente con una esperienza del passato. Noi possiamo rapportare il presente con una memoria del passato, ma dobbiamo essere consapevoli che la memoria del passato è parte integrante della esperienza nel presente.
Nel momento in cui ci è chiaro che un qualsiasi ricordo è una forma della esperienza nel presente diventa evidente che illudersi di separare 'noi stessi' da questa esperienza è pura illusione. Quello che davvero c'è è l'esperienza! Non c'è qualcosa o qualcuno che sperimenta l'esperienza!

Noi non proviamo emozioni, pensiamo i pensieri, sentiamo sensazioni più di quanto non ascoltiamo con l'udito, vediamo con la vista, odoriamo con l'olfatto. Quando pensiamo "mi sento bene" significa che una sensazione piacevole è presente, ma non che vi sia una cosa che chiamiamo 'io' e un'altra cosa separata chiamata sensazione, e che quando le mettiamo insieme l'io sente la sensazione piacevole. Nessuno ha mai trovato un 'io' da qualche parte diverso da una qualsiasi esperienza presente e nemmeno una presente esperienza separata da un 'io' che la sperimenta.

Questa non è una speculazione filosofica, ne una argomentazione intellettuale.noi cerchiamo di essere consapevoli del fatto che ogni idea su un 'io' separato che pensa i pensieri e sperimenta le esperienze è una illusione. Comprendere questo significa realizzare che la vita è transitoria, che non vi è nulla che sia permanente, nessuna sicurezza, che non vi è alcun 'io che possa essere protetto.

C'è una storia cinese che racconta di un uomo che si reca da un grande saggio e gli dice "la mia mente non è in pace, per piacere pacifica la mia mente", il saggio gli risponde " Va bene, metti qui la tua mente, qui davanti a me e io la pacificherò". L'uomo scuote la testa e risponde "in tutti questi anni ho cercato la mia mente, ma non ho potuto trovarla", "ecco fatto!" conclude il saggio "è pacificata".

La ragione per cui la vita può essere esasperante e frustrante non è perchè ci sono fatti chiamati morte, dolore, paura. brama, insoddisfazione. L'assurdità della faccenda è che quando questi eventi si presentano noi iniziamo a girarci intorno, i nostri pensieri diventano un ronzio che gira e vortica nel tentativo liberare l'io dall'esperienza. Come amebe proviamo a proteggere noi stessi dalla vita separandocene.

La salute, l'interezza e l'integrazione soggiaciono alla realizzazione che non vi è alcuna separazione, che l'uomo e la sua presente esperienza sono una cosa sola e non vi è alcuna mente o 'io che possa trovarsi al di fuori di essa.

Fino a quando diciamo e pensiamo: " io sono felice", "sono spaventato" noi non siamo presenti. Felicità, paura, dolore, tristezza, noia restano problemi fino a quando non vengono compresi, ma la comprensione richiede una mente unificata ed indivisa. Questo è sicuramente il significato di quello strano modo di dire:

"Se la tua visione è unificata, tutto il tuo corpo sarà pieno di luce".


Nota: non vi è una traduzione italiana pubblicata di questo libro ed è un gran peccato. Desidero precisare che la traduzione che ho pubblicato in questo post non è completamente fedele al testo di A.Watts, in realtà si tratta di una riduzione in quanto la parte dedicata a questo argomento nel libro è molto più estesa, anzi a ben vedere è il tema centrale del libro.


10 commenti:

  1. Grazie mille Giovanni.

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  2. Grazie. Molto ben spiegato, continuo ad avere difficoltà a riconciliare questo con la credenza delle "rinascite" della mente, il bardo ecc...

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    1. Ciao Luigi,
      prova a immaginare un sentiero, in un bosco o in montagna.. non è il tuo sentiero, altri lo hanno segnato, umani, animali, i rivoli d'acqua dei temporali, innumerevoli esseri e elementi hanno contribuito a farlo. Ora è una traccia che percorri. Su quel sentiero puoi vedere delle impronte, ma nessuna di quelle impronte ti dice il nome e le forme di chi calzava quelle scarpe. Impronte, solo impronte. Anche il continuum della nostra coscienza lascia e lascerà un impronta. Ed è di quella impronta che dobbiamo occuparci...

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    2. Mi sembra una buona indicazione, un'immagine da contemplare e su cui meditare, peccato non essere a Milano sarei passato a parlarne

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  3. GRAZIE GIOVANNI. GRAZIE.

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  4. Grazie mille. I tuoi post arrivano sempre a proposito...
    Gloria

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