mercoledì 2 luglio 2014

Da tempo immemorabile e poi…Zac!

L’idea buddhista sulla presenza di uomini e donne su questo pianeta ha una sua originalità. Potremmo descriverla sommariamente in questo modo: da tempo immemorabile un flusso di coscienza e materia sorge e passa istante dopo istante; ogni istante di coscienza sorge, conosce e sperimenta qualcosa e cessa assieme al declinare di ciò che è stato conosciuto e sperimentato. Pensieri, oggetti dei sensi, emozioni, sensazioni fisiche e mentali appaiono nell’orizzonte della coscienza, vengono percepiti, conosciuti, sperimentati e, con il loro tramontare, cessa la coscienza congiunta a quegli eventi. Per fare tutta questa roba qui, che non sta mai ferma, ci vuole un corpo… ed eccoci qua.

 Assieme alla coscienza, da tempo immemorabile, si è organizzato il corpo degli umani, era dopo era, eone dopo eone; mica solo gli umani poi, anche animali, insetti, forse i vegetali hanno una qualche loro forma di coscienza, chissà, e, nella cosmologia buddhista si parla di 31 piani di esistenza, materiali e immateriali che partecipano alla danza. 

Poi nell’istante della morte di un individuo e in base alle condizioni in qui si trova il flusso di coscienza in quel momento, ecco che avviene il passaggio, l’istante di coscienza successivo sorge in un nuovo corpo. Non è detto che sia umano, non è detto che sia materiale, non è detto che quel passaggio avvenga, come nel caso di un risvegliato che, come dalle parole del Buddha: “ha compiuto ciò che andava compiuto”.
Perlomeno questa è l’idea che mi sono fatto io della faccenda.

Il corpo è rupa (materia) e la materia non conosce nulla, è nāma (la mente, la coscienza) il fenomeno che conosce gli oggetti, che sperimenta, soffre e gioisce, s’innamora e odia, crea e distrugge. Quando parliamo di nāma, parliamo del fenomeno mentale nel suo complesso, quando invece cerchiamo di definire i vari aspetti di questo fenomeno nelle sue infinite manifestazioni parliamo del citta.

Riporto qui un estratto da “Abhidhamma e vita quotidiana” di Nina van Gorkom:

I nāma e i rūpa sono tipi diversi di realtà: i nāma sono fenomeni mentali, mentre i rūpa sono fenomeni fisici. Se non li distinguiamo e non impariamo quali sono le loro caratteristiche, continueremo a scambiarli per un sé. Per esempio, l’udire è un nāma: non ha una forma o una configurazione, non ha orecchie; è diverso dal senso dell’udito, ma quest’ultimo è per l’udire una condizione necessaria. Il nāma che ode sperimenta il suono, mentre il senso dell’udito e il suono differiscono da esso, perché sono rūpa e non sperimentano alcunché. Se non capiamo che l’udire, il senso dell’udito e il suono sono realtà completamente diverse l’una dall’altra, continueremo a pensare che è il sé a udire.

        Il Visuddhimagga così spiega questo tema:

Il nāma è privo di forza e non può manifestarsi autonomamente. Esso non mangia, non beve, non parla e non adotta alcuna postura. Anche il rūpa è privo di forza e non può manifestarsi autonomamente. Esso non desidera mangiare, non desidera bere, non desidera parlare e non desidera adottare alcuna postura. E tuttavia il nāma si manifesta grazie al rūpa, mentre il rūpa si manifesta grazie al nāma. Quando il nāma desidera mangiare, desidera bere, desidera parlare e desidera adottare una postura, il rūpa mangia, beve, parla e adotta una postura...

Più oltre nel testo leggiamo queste parole:

Come gli esseri umani, grazie a una nave, viaggiano sull’oceano, così il complesso del nāma, grazie al rūpa,si manifesta. Come la nave, grazie agli esseri umani,viaggia sull’oceano, così il complesso del rūpa, grazie al nāma si manifesta. Gli uomini e le navi, aiutandosi reciprocamente, viaggiano sull’oceano. Così il nāma e il rūpa dipendono l’uno dall’altro.

Potremmo dire che il nāma è la mente nel suo complesso per come ce la immaginiamo nel senso comune in occidente. Il buddhismo però va oltre nella sua analisi della realtà e ci dice: attenzione le cose non sono cosi semplici! Ci sono due tipi di nāma condizionato:
  • il citta (coscienza)  
  • i cetasika (fattori mentali che sorgono insieme alla coscienza).
Fattori mentali e coscienze sorgono insieme, sperimentano e conoscono un oggetto, sia esso un suono, un pensiero, un’emozione o quel che si vuole e, quando l’oggetto declina, anche la coscienza e i fattori mentali concomitanti svaniscono con l’oggetto.

Quello che mi interessa evidenziare in questo post ha però a che fare con i molteplici aspetti nei quali coscienza e fattori mentali si configurano nello svolgersi delle esperienze di vita di noi umani. In particolare il contributo che la consapevolezza meditativa fornisce al sistema fattori mentali/coscienza.
In mancanza di quella attenzione e presenza mentale sottolineate dal Buddha come necessarie e propedeutiche alla liberazione dalla sofferenza, le coscienze e i fattori mentali si susseguono condizionati dalle illusioni di quella visione ego-centrata che colloca ogni individuo al centro del campo dell’esperienza. La funzione dell'attenzione e della presenza mentale è cruciale per il riconoscimento delle qualitá etiche degli stati di coscienza in base ai quali vengono prese le decisioni e compiute le azioni del nostro vivere quotidiano.

Vi sono quattro aspetti nella presenza mentale che Nyanaponyka Thera sottolinea e che costituiscono le sorgenti principali del potere della consapevolezza:

  • la funzione di mettere ordine e di nominare-etichettare, catalogare
  • è non-violenta, non-coercitiva
  • possiede la capacità di fermarsi e rallentare
  • la direzionalità della visione conferita dalla nuda attenzione
 Qui entra in gioco l’addestramento meditativo. Lo sviluppo di una continua presenza mentale in grado di sorgere momento dopo momento, consente di aggiungere al flusso di coscienze, la partecipazione di questo stato mentale, piano, piano poi,grazie allo sviluppo della concentrazione, la presenza mentale acquisisce momentum e continuità. A quel punto le qualità di chiarezza, morbidezza e precisione della presenza mentale vengono potenziate e magnificate dal potere della concentrazione che conferisce profondità e capacità di penetrare il velo delle apparenze proprie della realtà convenzionale.

In questa fase inizia il processo di purificazione, durante la meditazione gli oggetti della presenza mentale sono ora le formazioni e le caratteristiche universali, che si manifestano con le loro qualità oppressive e insostanziali e vacue, l'esperienza assume l'andamento di un flusso in costante mutamento di fenomeni fisici e mentali. Ed è in questo territorio di esperienze che inizia a crescere e rafforzarsi la saggezza.
Sono la saggezza e la chiara visione sulla vera natura della realtá dei fenomeni che forniscono la potenzialitá alla mente per il suo salto quantico finale verso la trascendenza.

Compiendo quel salto si apre il portale che, nel suo compimento finale, lo stato di completa liberazione, porta alla fine di quel flusso che si svolge da tempo immemorabile; coscienza dopo coscienza, esistenza dopo esistenza, pensiero dopo pensiero e azione dopo azione, giungono al termine e.....Zac!
Non si ritorna più….





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