sabato 4 gennaio 2014

Sati la Consapevolezza del Buddha e la Mindfulness nelle sue moderne declinazioni

Un tema interessante ed attuale su cui riflettere, quando parliamo di consapevolezza, è la relazione tra Sati-la consapevolezza del Buddha e la Mindfulness intesa  come “riduzione dello stress basata sulla consapevolezza” o MBSR, nell’acronimo datole da Kabat-Zinn, creatore delle procedure e tecniche proposte in ambito medico, para-medico o di counseling, cosi come nelle Terapie cognitive basate sulla consapevolezza.

Risulta sempre più chiaro che uno stato della mente emotivamente calmo, stabile e dotato di lucida presenza e attenzione fornisce molte applicazioni per incrementare le funzionalità di un essere umano. La consapevolezza, nella sua accezione comune è intesa in questo senso. La popolarità delle tecniche di Mindfulness è cresciuta molto, trovando e sperimentando le più svariate applicazioni, spesso senza nemmeno conoscere le sue antiche radici, quando non tentando di recuperarle nei modi più confusi, acquisendone le tecniche e lasciando all’oblio gli aspetti spirituali, etici e devozionali.
Ci sono questioni rilevanti che emergono al riguardo.
Quale è la differenza tra Sati, la consapevolezza del Buddha, volta alla liberazione, e la Mindfulness nelle sue svariate declinazioni?
La consapevolezza deve essere occuparsi di essere un mezzo verso una corretta visione della realtà che mira a squarciare il velo delle illusioni?
Negli ambiti Mindfulness, oltre che addestrare persone nei loro ambiti professionali, come ci si pone rispetto agli insegnamenti etici sulle conseguenze delle azioni compiute(kamma)?

Se la Mindfulness diventa un fenomeno applicabile a sportivi, uomini d’affari, perfino militari, se le tecniche di sviluppo della consapevolezza perdono man mano l’imprinting etico/trascendente affidatole dal Buddhismo, volto al perfezionamento della saggezza; per diventare uno strumento di miglioramento da applicare nelle professioni, oltre che negli ambiti di aiuto per i quali è stata pensata, quali potrebbero le possibili considerazioni?

Difficile rispondere alle questioni che si aprono nell’incontro tra Sati e Mindfulness senza suscitare inutili sensi di appartenenza, senza sollevare di nuovo la questione, sempre presente sottotraccia, tra modernità e tradizione. Non intendo altresì aprire alcun dibattito sul tema, ognuno può riflettere e cercare le proprie risposte sull’argomento.

Vi è però un aspetto rilevante, peculiare di Sati, che mi interessa sottolineare in un blog dedicato alla vipassana e al buddhismo, ovvero il quadro di riferimento proprio della consapevolezza: quello dei quattro fondamenti  della consapevolezza.

Sati ha una qualità referenziale, ovvero connette l’esperienza del momento presente a un quadro di riferimento.
Il quadro di riferimento prende corpo grazie ad una analisi empirica della realtà momento dopo momento, fino a sperimentarla nei suoi aspetti di transitorietà, insoddisfacenza e totale mancanza di essenza ultima o superiore che crea o controlla(Anicca-impermanenza, Dukkha-sofferenza, Non-sé- assenza di anima o controllo superiore). Il quadro di riferimento si configura come interdipendenza dei fenomeni fisici e mentali condizionata da cause ed effetti, un flusso senza inizio né fine di fenomeni naturali intercorrelati e che si influenzano vicendevolmente.

Gli insegnamenti sui Quattro Fondamenti della Consapevolezza indicano la via da seguire per portare avanti questa analisi: la consapevolezza viene esercitata momento dopo momento su
•     corpo
•    sensazioni
•    stato mentali
•    essenze mentali o coscienze

la consapevolezza buddista è una pratica che riferisce 
•    l’esperienza corporea al corpo
•    l’esperienza sensoria alla sfera delle sensazioni
•    l’esperienza dei contenuti mentali al dominio della mente
•    l’esperienza delle essenze mentali o coscienze ai potenziali di cambiamento degli stati della coscienza come rabbia o amore, attaccamento o avversione

Le esperienze che si fanno in questi quattro campi sono accolte semplicemente come ciò che sono, così come sono, nel momento in cui sorgono e passano, senza che alcuna forma di identificazione, giudizio o desiderio personale intervenga in relazione a ciò che viene sperimentato e conosciuto .

Questo modo di utilizzare la consapevolezza, è stato chiamato 'percorso diretto per la scomparsa del dolore e sofferenza’, il suo scopo ultimo è la realizzazione dell’elemento trascendente chiamato Nibbana o realizzazione della vera natura della realtà.
In questo metodo non ci si riferisce alle esperienze come al ‘mio corpo’, 'me stesso' o alla ‘mia mente’ o così via. Nemmeno ci si distrae dalle esperienze o si sopprimono/sostituiscono stati mentali. In questo metodo Sati/consapevolezza ha una caratteristica di ‘nuda attenzione’, che non lascia spazio al giudizio e alla auto-rappresentazione. Questa è la naturale qualità della consapevolezza come strumento terapeutico. Si osserva il giudizio di sentirsi male nel corpo, di essere arrabbiati in presenza di una coscienza congiunta allo stato mentale della rabbia e così via; semplicemente come eventi naturali generati da cause e condizioni.

Nella pratica dei Quattro fondamenti della Consapevolezza/Sati, la presenza mentale, sorge momento dopo momento, comprende chiaramente l’esperienza in corso e svanisce semplicemente con il tramontare dell’esperienza. Questo sostituisce l'agitazione e la reattività delle visioni identificate con chiarezza e calma, che sono il viatico allo sviluppo della saggezza.

Calma, chiarezza della visione e saggezza consentono di svelare la realtà liberatoria e non vincolante del Nibbana.
Questo penso che sia il campo di applicazione proprio di Sati, che caratterizza la presenza mentale in ambito buddhista, rispetto a tutti gli altri metodi o discipline di auto-miglioramento.

5 commenti:

  1. Ciao Giancarlo, sarebbe bello poter leggere qualcos'altro sulle differenze tra vipassana e mindfulness. Lungi da voler scatenare dibattiti, credo che sia molto interessante capire differenze, punti in comune... Dunque grazie per questo post. Patrizia

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  2. Ciao Patrizia,
    http://sucitto.blogspot.it/2013_07_01_archive.html
    ti metto il link di un bell'articolo di Ajahn Sucitto leggendo il quale ho trovato gli spunti per il post, purtroppo è in inglese, ma è molto interessante
    ciao

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  3. Ciao, sul tema segnalo anche questo link, sempre in inglese:

    "Mindfulness is not Sati?"
    http://theravadin.wordpress.com/2009/02/13/mindfulness-is-not-sati/

    Affronta en passant anche il tema delle "note mentali", basandosi su un approccio linguistico.

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  4. Ciao robermann,
    ti ringrazio per il link, molto interessante, non lo conoscevo. Ho visto che ci sono molti spunti di approfondimento.

    Sulla nota mentale, avevo pubblicato un post tempo fà
    http://meditazionevipassanamilano.blogspot.it/2014/04/la-nota-mentale-in-meditazione-vipassana.html

    non so se sia proprio quello che intendi tu, ma sarei lieto di saper cosa ne pensi
    ciao
    g

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  5. (Ho pubblicato qualche mia osservazione come commento a quel post)

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